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Böcker i Classici della Letteratura Italiana-serien

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  • av Giovanni Schiaparelli
    409,-

    L¿astronomia dei Greci, nata con deboli principi nelle scuole della Ionia e dell¿Italia, coltivata ed accresciuta nelle scuole matematiche che ebbero origine da Platone, fu perfezionata grandemente, da Ipparco coll¿introdurvi il calcolo applicato alla geometria, e raggiunse il suo apice con Tolomeo verso la metà del II secolo di Cristo. I lenti, ma continuati progressi, che d¿ipotesi in ipotesi e d¿osservazione in osservazione, dal disco terrestre piano e circolare d¿Omero condussero all¿artificiosa e multiforme compagine degli eccentri e degli epicicli, offrono al filosofo uno spettacolo grandioso ed istruttivo, e a chi ben considera, non meno interessante di quello che presenti lo svilu...

  • av Francesco Vettori
    409,-

    A dì 15 marzo 1503, entrai di collegio de' Dodici. A dì 1 di settembre 1504, entrai delli Otto di Guardia e Balia. A dì 10 di agosto 1506, entrai Potestà di Castiglione Aretino. A dì 27 di giugno 1507, andai Ambasciadore a Massimiliano imperatore e stetti nella Magna e pel cammino tanto che tornai in Firenze a dì 13 di marzo 1508. A dì 1 di maggio 1509, entrai de' nostri Signori. A dì 1 di settembre 1509, entrai de' Capitani de' Capi di Parte Guelfa. 1511 A dì 8 di ottobre, fui mandato in poste da' nostri Signori al Borgo a San Donnino a certi cardinali che volevono fare il Concilio a Pisa.

  • av Giovanni Schiaparelli
    385,-

    In ogni suo periodo sinodico Venere diventa due volte visibile all¿occhio nudo, una volta a levante come stella del mattino, un¿altra volta a ponente come stella della sera. Il principio e la fine di questi due intervalli di visibilità danno luogo dunque a quattro fenomeni che si ripetono periodicamente, sebbene con periodi non interamente uniformi. La determinazione di queste quattro epoche nelle quali Venere appare o scompare in Oriente od in Occidente è stata oggetto di lunghe serie di osservazioni fatte dagli astronomi babilonesi già in tempi relativamente antichi; e una parte di tali osservazioni è venuta fuori negli scavi di Ninive.

  • av Gerhard Rohlfs
    355,-

    La Tripolitania in largo senso, ¿ o la Libia come prevale denominarla ¿ nei suoi limiti attuali (per quanto poco definiti) non forma una regione geografica propriamente detta, ma soltanto un corpo politico, passato dalla sovranità della Turchia a quella dell¿Italia, la quale, esordiendo coll¿occuparvi alcuni tratti del litorale, nella fiducia di giungere poco a poco alla presa di possesso delle parti interne, ha intenzione d¿instaurarvi gradatamente un governo più stabile del precedente e portare il paese allo stato di civiltà che gli è consentito dalla sua posizione, dalle modeste risorse del terreno, dall¿attitudine colonizzatrice degl¿Italiani medesimi.

  • av Alfredo Panzini
    355,-

    Tutte le notti, finchè le stelle dell'Orsa non piegavano sul mare, il giovane dottor Bonòra, assistente alla cattedra di fisiologia nell'Università di X***, mi intratteneva con ricca e geniale elo-quenza intorno ai più curiosi e riposti fenomeni dell'anima, rica-vandone le ragioni dai segni e dalle corrispondenze che sono nella materia: e la sua dottrina era così fresca di giovanezza e tanto persuasiva che io in quei tempi - in cui godevo di eccellente salute e bevevo copiosamente al fresco - mi sentivo convertire, mal mio grado, al più deplorevole materialismo.

  • av Ambrogio Bazzero
    355,-

    Sulla piazza della curte di ***, di messer Ugo cavaliero, conte di Lanciasalda, sui monti di Saluzzo, ad ora di vespro, Guidello, trombetto e araldo dell'eccellentissimo signore Adalberto, conte di Auriate, lesse il bando pasquale: e così: "Avvicinandosi il giorno di Pasqua di Resurrezione, ed il nostro illustre signore desiderando partecipare coi vassalli dell'inclita signorìa la grazia, il gaudio, la letizia avuta e concessa dall'onnipotente Signore Iddio, in questo dì per la solennità di messer Jesù Salvatore, ha deliberato ed ordinato di ricevere l'omaggio dalli gentiluomini predetti.

  • av Alessandro Manzoni
    355,-

    Questa gara finita, il pio Trojano Avviasi in verde campo, a cui fan cerchio Selvosi colli, e ne la valle è un circo, Dove l'Eroe di molti mila in mezzo S'addusse, ed alto in un sedil si pose. Qui se alcun voglia gareggiar nel corso Con doni i cori alletta, e i premj pone. Concorron Teucri d'ogni parte e Siculi: Niso ed Eurialo primi; Eurialo insigne Di fresca giovinezza e di beltade...

  • av Guido Gozzano
    355,-

  • av Giovanni Verga
    675,-

    Allorché Paolo era arrivato a Milano colla sua musica sotto il braccio - in quel tempo in cui il sole splendeva per lui tutti i giorni, e tutte le donne erano belle - avea incontrato la Principessa: le ragazze del magazzino le davano quel titolo perché aveva un visetto gentile e le mani delicate; ma soprattutto perch'era superbiosetta, e la sera, quando le sue compagne irrompevano in Galleria come uno stormo di passere, ella preferiva andarsene tutta sola, impettita sotto la sua sciarpetta bianca, sino a Porta Garibaldi. Così s'erano incontrati con Paolo, mentre egli girandolava, masticando pensieri musicali, e sogni di giovinezza e di gloria - una di quelle sere beate in cui si sentiva t...

  • av Roberto Bracco
    355,-

    Camera modesta, quasi povera, in disordine. Poche suppellettili tra cui un attaccapanni, una tavola, uno stipetto basso, seggiole stranamente diverse. Sull'attaccapanni, soltanto una sottana bianca. Sulla tavola, un tovagliolo mezzo aggrovigliato e alcune bucce di frutta. Sopra una seggiola, un paio di stivalettini attillati. Sullo stipetto, piatti, bicchieri, forchette, cucchiai, coltelli, qualche bottiglia, qualche vaso di creta. In fondo, una porta senza battenti che lascia vedere una saletta e l'uscio di scala. Accanto a questa porta, una seggiola. A destra, un'altra porta. A sinistra, una finestra.

  • av Ugo Iginio Tarchetti
    355,-

    ¿¿.Tant'è: non poteva prestar fede a me stesso: tornai a rileggere quella lettera: «Ho il cuore teneramente commosso. Da un giovine ufficiale che ti conosce, al quale ho offerto ospitalità nella mia famiglia, ho inteso che tu sei ä., a venti miglia di qui, e sulle mosse per recarti in Francia. Questa notizia mi ha tutto agitato. Sono sette anni che non ti vedo. Potrò ora abbracciarti? Mia moglie, i miei figli ti attendono; non sono più solo: la fortuna ha collocato un abisso tra la mia vita passata e la mia vita attuale; ma per quella misteriosa attrazione che l'uomo ha poi sempre verso il dolore, io desidero di rivivere teco nel passato; fosse un'ora soltanto, tu non negherai questa in...

  • av Luigi Galleani
    355,-

    Per la guerra, intanto, no. Per nessuna guerra, dovunque e comunque sia accesa od abbia ad accendersi. L'avversione di ieri ¿ in cui si comunicava tutti quanti, almeno da questo lato della barricata, ed in cui irriducibili, non persistono, oggi che gli anarchici ¿ emersa lentamente, dolorosamente, dal mezzo secolo di disinganni che di scherni, di fame, di catene ripagò il sacrifizio della generazione eroica da cui, l'unità, l'indipendenza della patria erano state edificate;

  • av Emilio Salgari
    385,-

    ¿ Hurràh for miss Ellen!¿ ¿ Hurràh for Montcalm!¿ ¿ Hurràh for Torpon!¿ Queste grida uscivano da diecimila petti se non di più, con un fragore assordante, quasi spaventevole. Se le acque del lago Ontario avessero rotto gli argini e si fossero rovesciate, con impeto irrefrenabile, attraverso la piccola e graziosa città canadese di Kingston, non avrebbero prodotto maggior fracasso...

  • av Luigi Galleani
    355,-

    Ora sono due mesi all'incirca i grandi sacerdoti dell'American Federation of Labor in rappresentanza «not only of those who constitute it», ma nel nome di tutti i lavoratori indigeni ed immigrati«of all those who have common problems and purposes but who have not yet organized for their achievements» si schieravano a favore della guerra facendo atto pubblico di sudditanza e di fedeltà alla borghesia del paese sacrificandole dieci milioni di lavoratori immigrati ed indigeni; giurando solennemente «to stand in peace and in war, in stress and storm, unreservedly by... the safety and preservation of the institutions and ideals of the Republic... .

  • av Italo Svevo
    355,-

    Mamma mia, «Iersera, appena, ricevetti la tua buona e bella lettera. «Non dubitarne, per me il tuo grande carattere non ha segreti; anche quando non so decifrare una parola, comprendo o mi pare di comprendere ciò che tu volesti facendo camminare a quel modo la penna. Rileggo molte volte le tue lettere; tanto semplici, tanto buone, somigliano a te; sono tue fotografie. «Amo la carta persino sulla quale tu scrivi! La riconosco, è quella che spaccia il vecchio Creglingi, e, vedendola, ricordo la strada principale del nostro paesello, tortuosa ma linda. Mi ritrovo là ove s'allarga in una piazza nel cui mezzo sta la casa del Creglingi, bassa e piccola, col tetto in forma di cappello calabre...

  • av Mario Morasso
    355,-

    Io non so dove rivolgere lo sguardo, io non so dove fermare la mia ricerca, fra la turba miserabile, oscena e ignorante dei conviventi, per giustificare l'illusione che io posi come titolo di questo libro, e che ne rappresenta la significazione sintetica. Io scrissi: Uomini e idee del domani; e nel mio pensiero, lucenti, come intatti guerrieri, in composta teoria cavalcanti nel primo sole delle accese primavere, io vedeva la nuova, l'ultima generazione, che la patria espresse dalla sua matrice feconda, dopo una data fatale, avanzarsi gagliarda e conquistatrice dalla incoscienza del passato per imprimere avanti tutti e su tutto il dominio universale...

  • av Luigi Zanazzo
    409,-

    La presente raccolta di rimedi simpatichi, come suole chiamarli il popolo, ed anche delle altre tradizioni che ho pubblicato o che sono in corso di pubblicazione in questa raccolta di «tradizioni popolari romane», sono il frutto di parecchi anni di assidue ricerche da me fatte vivendo in mezzo al popolo; e questi rimedi particolarmente io devo alle donne: poichè la scienza di curare qualsiasi malanno è generalmente riservata ad esse. Confesso il vero, mentre una trentina d¿anni fa li raccoglievo, non immaginavo che un giorno mi sarebbero serviti a qualche cosa. Nel perdermi per lunghe ore tra quei chiassuoli, tra quelle viuzze anguste e fangose del Trastevere...

  • av Annie Vivanti
    355,-

    La prima ad essere pronta fu Chérie. Si gettò sulle spalle il lungo accappatoio a righe e si chinò a sollevare Amour che le abbaiava alle calcagne rosee e si torceva per l'impazienza di uscire. «Au revoir dans l'eau», disse la fanciulla con allegro gesto di saluto alla piccola Mirella e a Frida, la governante tedesca. «Oh, Frida! Vite, vite, dégrafez-moi!» gridò Mirella volgendo le spalle alla giovane donna e indicandole con dito impaziente un gruppo di fettucce annodate che le pendevano dietro. «Parlate tedesco, l'ho già detto a tutt'e due. Oggi è il vostro giorno di tedesco,» ammonì Frida, sciogliendo con lentezza il groviglio di nodi, mentre Mirella pestava i piedi per l'impazienza.

  • av Baccio Emanuele Maineri
    355,-

    Una dedicatoria a un becchino? ¿ E perchè no? Non è egli forse un uomo come un altro e ¿ non ve l'abbiate a male ¿ non può egli essere un galantuomo par vostro e mio? Anzi ¿ e sarei pronto a giurarlo sul Vangelo ¿, ei valeva assai più di tanti e tanti che han titolo di baccelliere, e magari di dottore, i quali col nastrino all'occhiello dell'abito, sono saliti tant'alto da credere che gli onesti non li ravvisino più per quel ch'e¿sono: barattieri solenni. Dico perciò che, se aveste conosciuto quel povero becchino, lo avreste, come me, amato e, aggiungo anche, onorato...

  • av Girolamo Brusoni
    355,-

    Era capitato a casa di Glisomiro Ariperto, un gentiluomo francese, il quale avendo consumato i piú begli anni della sua vita nel servigio di Cesare e d¿altri principi della Germania, desiderava di consacrare quei pochi giorni che gli restavano alla difesa della religione cattolica militando contro i Turchi nell¿armata della Repubblica di Venezia che con tanta sua gloria, e con tanta consolazione del Cristianesimo, conta, ha già tanti anni, piú vittorie che campagne sul mare. Veniva allora Ariperto da Padova, e teneva seco di camerata Guglielmo, un gentiluomo tedesco;

  • av Marchesa Colombi
    355,-

    Le mie gentili lettrici, ed i miei gentili lettori ¿ dato che vi sieno lettori pel mio libriccino, e che sieno gentili, ¿ debbono usarmi la cortesia di tornare colla mente alla presentazione che l'illustre commediografo Paolo Ferrari fece loro di me, Marchesa Colombi, in una serata che dedicò a Parini ed alla satira. Si ricordano l'epoca di quella presentazione? Fu poco dopo la pubblicazione del Mattino di Parini, fatta, come ognuno sa, nel 1763. Io era giovane, giovanissima allora, sposa da poco tempo. Non avevo che diciasette anni; non uno di più. Ma, se ai diciasette che avevo allora, aggiungo i centoventisei che sono trascorsi, non posso a meno di riconoscere che la mia fede di nas...

  • av Luciano Zuccoli
    409,-

    S'eran conosciuti, una mattina di vento e di sole, in un piccolo paese sulle rive del lago.

  • av Heinrich VonTreitschke
    355,-

    Nei giorni che Napoleone ritornò da Mosca, il generale Mallet una mattina evase dal manicomio di Parigi dov'era rinchiuso. Propalò la favola, che l'imperatore era caduto: da un momento all'altro la macchina di quel potente impero dispotico si rifiutò di funzionare. Funzionari e ufficiali s'inchinarono al pazzo, il quale osò dichiarare: «il governo sono io!». Il prefetto della Senna dispose la sala del consiglio, in cui si sarebbe adunato il governo provvisorio di Mallet: un ministro fu tenuto sotto catenacci e serrature; le truppe della guardia aprirono la prigione ai compagni della cospirazione. Quando l'imperatore venne a sapere con quale illimitata potenza era venuto fatto a un pazzo d...

  • av Heinrich VonTreitschke
    355,-

    Fra i tanti pericoli che insidiano lo storico, il maggiore è forse la tentazione di erigere altari al genio. Per converso, l'obbligo di rintracciare le linee del disegno divino in mezzo al disordine umano, non tarda a cambiarsi anche pel più animoso in una spossante fatica. Ma quando dallo spettacolo persistente e monotono di volontà malcerta e di azione incompleta, che ci è offerto dalla maggior parte delle pagine della storia, si stacca alla fine e ci viene incontro uno di quei potenti del Signore, che sembrano portare nel petto la legge della vita universale, allora si risolleva in giubilo l'anima di artista che sonnecchia nella coscienza di ogni vero uomo.

  • av Luigi Pirandello
    355,-

    Piena anche per gli olivi quell'annata. Piante massaje, cariche l'anno avanti, avevano raffermato tutte, a dispetto della nebbia che le aveva oppresse sul fiorire. Lo Zirafa, che ne aveva un bel giro nel suo podere delle Quote a Primosole, prevedendo che le cinque giare vecchie di coccio smaltato che aveva in cantina non sarebbero bastate a contener tutto l'olio della nuova raccolta, ne aveva ordinata a tempo una sesta più capace a Santo Stefano di Camastra, dove si fabbricavano: alta a petto d'uomo, bella panciuta e maestosa, che fosse delle altre cinque la badessa. Neanche a dirlo, aveva litigato anche col fornaciajo di là per questa giara. E con chi non l'attaccava Don Lollò Zirafa? ...

  • av Francesco de Sanctis
    355,-

    Ho sessantaquattro anni, e mi ricordo mia nonna come morta pur ieri. Me la ricordo in cucina, vicino al foco, con le mani stese a scaldarsi, accostando un pö lo scanno, sul quale era seduta. Spesso pregava e diceva il rosario. Aveva quattro figli, due preti e due casati. Uno era in Napoli, teneva scuola di lettere e si chiamava Carlo; gli altri due stavano a Roma esiliati per le faccende del 21, ed erano zio Peppe e zio Pietro, il quarto era papà, che stava a casa e si chiamava Alessandro. Mia nonna era il capo della casa, e teneva la bilancia uguale tra le due famiglie e si faceva ubbidire...

  • av Grazia Deledda
    355,-

    Un giorno d'autunno, ritornando da una caccia in palude, don Stefano Arca fu assalito da febbre così violenta che quasi batté la fronte sul lastrico del cortile quando, giunto a casa, smontò da cavallo. A stento si mise a letto. «Stene, Stene, cos'hai avuto?», gli chiese il vecchio padre, avvicinandosi a piccoli passi incerti, e chinandosi a mani giunte sul letto. Nel far con esile voce l'ansiosa domanda, la piccola persona del vecchio tremava. Stefano, con gli occhi chiusi e il volto grigio, non rispose; don Piane restò a lungo davanti al letto, sempre più curvandosi, con le dita nodose intrecciate, e le pupille velate da una triste visione di morte. Dopo qualche istante si mosse; sem...

  • av Paola Drigo
    355,-

    ¿ Volete che vi dica francamente il mio pensiero? ¿ proseguì il dottor Fabrizi imbaldanzito da due bicchieri di vin spumante. ¿ Se il contino non piglia un'altra strada, corre un brutto rischio. La ragazza è onesta, c'è di mezzo un aspirante fidanzato, e i fratelli di lei, due colossi, il cui pugno vale una schioppettata. Badate a me. Cinque anni or sono ho assistito a un processo per omicidio, dove l'imputato era un giovanotto del popolo, garzone fornaio, e il morto un benestante, figlio del sindaco del paese.

  • av Grazia Deledda
    355,-

    Dopo quaranta anni d'insegnamento nelle scuole elementari, il maestro Giuseppe De Nicola era andato a riposo e si disponeva a fare un viaggio. L'antefatto è questo: in gioventù egli aveva adottato un ragazzo orfano, con la speranza di farne il suo successore nella scuola del paesetto natìo. Il ragazzo però preferiva la vita avventurosa: così gli era scappato di casa, e dopo tentati tutti i mestieri, da marinaio a facchino di porto, da cacciatore di camosci a guardia di dogana, aveva finito con l'incontrare e sposare la vedova di un padrone di barche, del quale l'eredità consisteva in una villa con strascico di vigne e poderi in riva all'Adriatico. Trovato finalmente il posto che gli con...

  • av Beatrice Speraz
    355,-

    Una brezzolina diaccia gonfiava i camiciotti dei muratori riuniti su quel crocicchio del corso di Porta Garibaldi, detto da essi, per antica tradizionale abitudine, «il Ponte». Era l'ultimo lunedì di marzo, e la temperatura si manteneva frigida specialmente in quelle prime ore del giorno. Gli uomini fumavano con le loro pipe di viola, di terracotta o di gesso; o masticavano l'orrida cicca, camminando in su e in giù per non intirizzirsi. I ragazzi tentavano di fare un pochino il chiasso, ma senza lena e ancora mezzo addormentati.

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