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  • av Antonio Guadagnoli
    375,-

    Voi che leggete tante Poesie, Né le leggete sol, ma le comprate, Spero che comprerete anche le mie, Quando le avrò in un tomo ristampate, E in un sesto piccin come il presente, Onde v'entrino in tasca facilmente. Sì, se i fati non sono a me sinistri, Spero che nell'April metterò fuori In Pisa, presso Sebastiano Nistri...

  • av Angelo de Gubernatis
    345,-

    Trovo in una leggenda estonica, che il vecchio padre (WannaIssi), ossia il Dio del Cielo, incarica ogni giorno Ammarik (luce di sera) di spegnere il fuoco del sole, ma di coprirlo bene, perchè non succeda, nella notte, alcuna disgrazia, e Koit (luce del mattino), perchè lo raccenda e lo ravvivi. In qual modo Ammarik può coprire il fuoco del sole? Con la cenere. Dove piglia esso la cenere? Nell'ombra cenerina del cielo notturno, che s'aduna intorno al fuoco solare e lo vela alla vista degli uomini.

  • av Paolo Emiliani Giudici
    499,-

    Come io accennava nel chiudere la decorsa lezione, la parte difficile del nostro lavoro è finita; difficile insieme ed importantissima, imperciocchè duranti i trecento anni circa da che la lingua nuova avea cominciato ad assumere carattere letterario, l¿arte veniva perfezionando i suoi strumenti e ad un tempo medesimo sviluppando le principali sue forme. Era però necessario, onde fare intendere il carattere costitutivo, o a dir proprio, il genio puro della letteratura italiana venire con minutezza osservando i monumenti, vegliandone i passi, notando le divergenze dallo scopo, cui il genio della nazione tendeva, e determinando le esterne influenze.

  • av Francesco Crispi
    399,-

    Leone di Caprivi annunzia a Crispi di avere assunto la direzione degli affari politici della Germania. Scambio di saluti e proteste di fedeltà. Caprivi viene in Italia per conferire con Crispi. Colloquii del 7 e dell' 8 novembre 1890. Il 20 marzo 1890 Guglielmo II di Germania nominava Cancelliere dell'Impero e Presidente del Ministero prussiano il generale conte Leone di Caprivi, in sostituzione del principe Ottone di Bismarck. Assumendo gli altissimi uffici il di Caprivi dirigeva a Francesco Crispi, il quale dall'agosto 1887 reggeva il Ministero degli Affari esteri d'Italia, la seguente lettera...

  • av Alfredo Oriani
    345,-

    Annottava. Egli andò lentamente verso la scranna, sulla quale aveva posato il violino; lo prese, ne saggiò l'accordatura, ed avvicinandosi un altro passo alla finestra, senza rivolgere il capo, incominciò a suonare così: Poichè siamo soli in questo gabinetto, mettetevi là, su quella poltrona, ed ascoltatemi. Fra poco sarà notte: adesso il cielo è opaco come un mare e silenzioso come un deserto. Avete mai riflettuto su quest'ora del vespro, quando tutto sta per sparire, e nulla è ancora scomparso? Vi è mai sembrato di perdere in quest'ora la coscienza del mondo, e di sentirvici come un pellegrino, il quale cammina alla ventura, distratto dalla curiosità del viaggio, ma rattristato dal mi...

  • av Silvio Pellico
    399,-

    Esce LANCIOTTO dalle sue stanze per andare all'incontro di GUIDO, il quale giunge. Si abbracciano affettuosamente. GUIDO. Vedermi dunque ella chiedea? Ravenna Tosto lasciai; men della figlia caro Sariami il trono della terra. LANCIOTTO. Oh Guido! Come diverso tu rivedi questo Palagio mio dal dì che sposo io fui! Di Rimini le vie più non son liete Di canti e danze; più non odi alcuno Che di me dica: Non v'ha rege al mondo Felice al pari di Lanciotto. Invidia Avean di me tutti d'Italia i prenci: Or degno son di lor pietà. Francesca

  • av Giambattista Vico
    345,-

    Quantunque la sapienza poetica, nel libro precedente già dimostrata essere stata la sapienza volgare de' popoli della Grecia, prima poeti teologi e poscia eroici, debba ella portare di séguito necessario che la sapienza d'Omero non sia stata di spezie punto diversa; però, perché Platone ne lasciò troppo altamente impressa l'oppenione che fusse egli fornito di sublime sapienza riposta (onde l'hanno seguìto a tutta voga tutti gli altri filosofi, e sopra gli altri Plutarco ne ha lavorato un intiero libro), noi qui particolarmente ci daremo ad esaminare se Omero mai fusse stato filosofo; sul qual dubbio scrisse un altro intiero libro Dionigi Longino, il quale da Diogene Laerzio nella Vita di ...

  • av Jean Charles Leonard de Sismondi
    345,-

    Nell'istante in cui il Savonarola, abbandonato dal favore popolare, vedeva cambiarsi in accuse contro di lui quelle rivelazioni con cui aveva in Firenze pasciuti i suoi seguaci, pareva che la più importante sua profezia avesse adesso compimento. Aveva predetto a Carlo VIII che Dio lo aveva scelto per liberare l'Italia dai suoi tiranni e per riformare la Chiesa; dopo ciò mai non aveva lasciato di rimproverargli a nome del cielo irritato la lentezza sua nell'esecuzione di questa grand'opera, e di minacciargli un esemplare gastigo. Il Savonarola aveva cercato di far risguardare come principio di tale gastigo la successiva morte di due delfini, che Carlo VIII perdette in tenera età; ma un nuo...

  • av Gasparo Gozzi
    399,-

    Trovavansi a' giorni passati in una bottega di caffè due uomini dabbene, l'uno filosofo e l'altro che pizzicava alquanto di poeta; ond'io, parendomi che avessero appiccato insieme un ragionamento con molto calore, me ne stava in un canto col mantello quasi fino al naso, per intendere quanto dicessero, senza che paresse mio fatto. Credetemi, diceva il primo, che la favoletta vostra sotto il velo dell'allegoria nasconde una certissima verità. Tutti gli uomini per lo più s'ingannano in questo, che vanno cercando lontanissime cose per trarne utilità o diletto, quando hanno ogni cosa nel proprio paese. Ma il difetto non viene dal popolo, no; viene dagli scrittori, i quali correndo dietro a' tr...

  • av Giambattista Vico
    345,-

    Per ciò che sopra si è detto nelle Degnità: che tutte le storie delle nazioni gentili hanno avuto favolosi princìpi, e che appo i greci (da' quali abbiamo tutto ciò ch'abbiamo dell'antichità gentilesche) i primi sappienti furon i poeti teologi, e la natura delle cose che sono mai nate o fatte porta che sieno rozze le lor origini; tali e non altrimenti si deono stimare quelle della sapienza poetica. E la somma e sovrana stima con la qual è fin a noi pervenuta, ella è nata dalle due borie nelle Degnità divisate, una delle nazioni, l'altra de' dotti, e più che da quella delle nazioni ella è nata dalla boria de' dotti, per la quale come Manetone...

  • av Jean Charles Leonard de Sismondi
    345,-

    Fin qui abbiamo veduto la repubblica fiorentina collocarsi nel centro di tutte le negoziazioni, dirigendo tutti gli avvenimenti, ed avendo per lo meno qualche parte in tutte le rivoluzioni, in tutte le guerre d'importanza che agitarono l'Italia. Ma sotto l'amministrazione de' Medici, Firenze non si sostenne in così elevato rango; acconsentì di essere dimenticata nell'equilibrio dell'Italia; le rivoluzioni de' vicini stati si concatenarono le une colle altre senz'essere da lei dirette, o senza che ella si sforzasse di contenerle; e dopo avere passate in rivista queste grandi scene della politica, siamo costretti di tornare a dietro per vedere ciò che accadeva in questo tempo nella sua inte...

  • av Ferdinando Fontana
    345,-

    Alla tua nota satira Chi porse l'argomento? Forse i carmi d'un giovane Da pochi giorni spento? Forse il Torso di Venere O il Düalismo ardito, Che una Musa propizia Dettava a un erudito? Non già!¿. Dalle tue laudi Fu consacrato il primo; Tu lo sapesti scegliere Dal medïocre limo; All'altro degli stolidi Soltanto il volgo indegno Oggi contrasta il fervido Estro e il robusto ingegno.

  • av Giacomo Leopardi
    345,-

    Narrasi che tutti gli uomini che da principio popolarono la terra, fossero creati per ogni dove a un medesimo tempo, e tutti bambini, e fossero nutricati dalle api, dalle capre e dalle colombe nel modo che i poeti favoleggiarono dell'educazione di Giove. E che la terra fosse molto più piccola che ora non è, quasi tutti i paesi piani, il cielo senza stelle, non fosse creato il mare, e apparisse nel mondo molto minore varietà e magnificenza che oggi non vi si scuopre. Ma nondimeno gli uomini compiacendosi insaziabilmente di riguardare e di considerare il cielo e la terra, maravigliandosene sopra modo e riputando l'uno e l'altra bellissimi e, non che vasti, ma infiniti, così di grandezza com...

  • av Delio Tessa
    345,-

    Intanto vi racconto queste e poi vedremo. La casa è proprio vecchia, vecchia da far spavento. Anni fa una gelosia l'è crodada e per un pelo non ha tolto di mezzo un inquilino risolvendogli il contratto! È decrepita, dico, ma bella e non è in piano regolatore. Tiriamo il fiato! Qualcuno di voi c'è stato di sicuro o prima di guerra o anche dopo quando vi abitava al primo piano un famoso oculista di cui taccio il nome per non metterlo in piazza. La casa è in un vicolo cieco che adesso ha cambiato faccia, a man diritta di corso Roma, poi a sinistra in fond al streccion.

  • av Melchiorre Cesarotti
    375,-

    Cucullino postosi a seder solo sotto d'un albero, alla porta di Tura, mentri gli altri capitani erano iti a caccia sul vicino monte di Cromla, è avvisato dello sbarco di Svarano da Moran, figliuolo di Fiti, uno dei suoi scorridori. Egli raduna i capi della nazione: si tiene un consiglio, nel quale si disputa se debbasi dar battaglia al nemico. Conal, regolo di Togorma ed intimo amico di Cucullino...

  • av Teofilo Folengo
    345,-

    Magnanimo signor, se 'n te le stelle spiran cotante grazie largamente, piovan piú tosto in me calde fritelle, che seco i' poscia ragionar col dente; dammi ber e mangiar, se vòi piú belle le rime mie; ch'io d'Elicon niente mi curo, in fé di Dio; ché 'l bere d'acque (bea chi ber ne vòl!) sempre mi spiacque.

  • av Alfredo Oriani
    345,-

    - Mostratemi dunque un piedino. Ella lo allungò subito fuori dalla corta sottana nera. - Grazie, principessa. - Mi avete riconosciuta? - domandò con un tremito nella voce sottile, abbassando vezzosamente il volto sotto il mascherino per guardare la scarpetta scollata, in pelle bronzina, a bottoncini rotondi sopra un fianco, che teneva ancora alzata...

  • av Giovanni Sercambi
    345,-

    La brigata giunta colla bella novella ad Aversa, là u' 'l preposto trovò sommamente apparecchiato per la cena; e perché 'l giorno poco aveano mangiato per lo sterile camino, cenarono di vantagio con gran piacere fine all'ora devuta d'andare a dormire; et a l'altore disse che per lo dì seguente la novella ordinasse. E ditto, n'andarono a dormire. La mattina levati, l'altore, che avea udito dire al preposto che la sera voleano essere a Partenopia, subito alla brigata disse: DE DISHONESTO ADULTERIO ET BONO CONSILIO DI SANDRO, COME INGRAVIDÒ LA CUGNATA MARITATA, MA LO MARITO ERA ITO OLTRAMONTI PER UNO ANNO PER LIVERAR CERTE MERCANTIE E NON L'AVEA MENATA.

  • av Emile Zola
    345,-

    Sono proprio dieci anni, mia cara anima, ch'io t'ho raccontato le mie prime storielle. Che begl'innamorati eravamo noi allora! Io venivo da codesta terra di Provenza, dove sono cresciuto così libero, così fidente, così pieno di tutte le illusioni della vita. Io ero tuo, ero di te sola, delle tue tenerezze, del tuo sogno. Te ne ricordi, Ninetta? Il ricordo è oggi l'unica gioia, nella quale il mio cuore si riposa. Fino a vent'anni, noi abbiamo fatta insieme la stessa strada. Io sento i tuoi piedini sul duro terreno; io scorgo il lembo della tua bianca gonnella sul raso delle erbe avveniticcie; io sento il tuo alito fra gli odori della salvia che mi giungono da lontano come soffi di ...

  • av Giovanni Sercambi
    345,-

    U>dita la dilettevole novella, quasi avendo fatto il sonno dimenticare, nondimeno per non perdere l'usanza il proposto comandò che una danza si prendesse e verso le camere se n'andassero, et alquanto dormiti, innel luogo ordinato si ritrovino quine u' l'altore, ha di bella novella ora contenta la brigata, d'un'altra ne faccia lieti. L'altore, che a ubidire è presto, disse che fatto serà. E così a dormire si puoseno. E levati, colle danze ordinate innel giardino se n'andarono, dove l'altore parlò: «A voi, famigli e donzelli che con altri state a salario, che, vilipendendo i vostri magiori, malcapitate, ad exemplo dirò una novella, in questo modo: DE DISHONESTO FAMULO...

  • av Cesare Lombroso
    345,-

    Non ho mai nelle mie lunghe e dure battaglie sul delitto e sul genio, risposto agli attacchi dei metafisici, non perchè non senta tutto il rispetto che si deve a quei forti pensatori che credono dominare dall'alto il mondo scientifico; ma perchè uso ad altre armi, più umili, se non meno sicure, a quelle dell'osservazione e dell'esperienza, mi sento in faccia a loro troppo o troppo poco armato per combattere senza meritare la taccia di spavaldo o di ingeneroso...

  • av Giovanni Berchet
    345,-

    Non ho fatto risposta prima d'ora alla tua dimanda intorno al merito dell'opera seria Demetrio e Polibio, perché il giudicio mio in fatto di musica, non potendo io derivarlo, come sai, da conoscenza alcuna dell'arte, sarebbe forse parso intempestivo anche a me medesimo, se per indurmi a proferirlo avessi stimato sufficiente il suffragio delle prime sensazioni del cuor mio. E però, non contentandomi io di quello, mi parve di dover aspettare che il voto del cuore, per la ripetizione continuata ed uniforme delle stesse sensazioni, pervenisse ad ottenere anche la fredda approvazione della mente.

  • av Matteo Bandello
    649,-

    Io, giá molti anni sono, cominciai a scriver alcune novelle, spinto dai comandamenti de la sempre acerba ed onorata memoria, la vertuosa signora Ippolita Sforza, consorte de l'umanissimo signor Alessandro Bentivoglio, che Dio abbia in gloria. E mentre che quella visse, ancor che ad altri fossero alcune di loro dedicate, tutte nondimeno a lei le presentava. Ma non essendo il mondo degno d'aver cosí elevato e glorioso spirito in terra, nostro Signor Iddio con immatura morte a sé lo ritirò in cielo. Onde dopo la morte sua a me avvenne, come a la versatil mola suol avvenire, che, essendo da forte mano raggirata, ancor che se ne levi essa mano, tuttavia la ruota, in vertú del primo movimento, ...

  • av de Amicis Edmondo
    345,-

    TANGERI Lo stretto di Gibilterra è forse di tutti gli stretti quello che separa più nettamente due paesi più diversi, e questa diversità appare anche maggiore andando a Tangeri da Gibilterra. Qui ferve ancora la vita affrettata, rumorosa e splendida delle città europee; e un viaggiatore di qualunque parte d¿Europa sente l¿aria della sua patria nella comunanza d¿una infinità d¿aspetti e di consuetudini. A tre ore di là, il nome del nostro continente suona quasi come un nome favoloso; cristiano significa nemico, la nostra civiltà è ignorata o temuta o derisa; tutto, dai primi fondamenti della vita sociale fino ai più insignificanti particolari della vita privata, è cambiato; e scomparso fi...

  • av Nello Roselli
    345,-

    Il contributo di pensiero e d'azione che Mazzini ha sempre dato al problema operaio si accresce notevolmente nel periodo che va dal 1860 al 1872, anno della sua morte. Giovandosi della libertà di stampa e di associazione, assicurata dal nuovo regime, egli si dedica a una propaganda intensa delle sue dottrine sociali, le quali, intorno al 1860, costituiscono l'unico completo programma di azione che venga offerto alle masse lavoratrici; e perciò, se pur non riescono a dominare il movimento operaio italiano, si impongono alla generale attenzione, suscitando intorno ad esse entusiasmi, avversioni, discussioni appassionate.

  • av Grazia Deledda
    345,-

    Marianna Sirca, dopo la morte di un suo ricco zio prete, del quale aveva ereditato il patrimonio, era andata a passare alcuni giorni in campagna, in una piccola casa colonica che possedeva nella Serra di Nuoro, in mezzo a boschi di soveri. Era di giugno. Marianna, sciupata dalla fatica della lunga assistenza d'infermiera prestata allo zio, morto di una paralisi durata due anni, pareva uscita di prigione, tanto era bianca, debole, sbalordita: e per conto suo non si sarebbe mossa né avrebbe dato retta al consiglio del dottore che le ordinava di andare a respirare un po' d'aria pura, se il padre, che faceva il pastore ed era sempre stato una specie di servo del fratello prete, non fosse sce...

  • av Cesare Cantu
    345,-

    Margherita Pusterla

  • av Ada Negri
    345,-

    Io sento, dal profondo, un'esile voce chiamarmi: sei tu, non nato ancora, che vieni nel sonno a destarmi? O vita, o vita nova!... le viscere mie palpitanti trasalgono in sussulti che sono i tuoi baci, i tuoi pianti. Tu sei l'Ignoto.¿Forse pel tuo disperato dolore ti nutro col mio sangue, e formo il tuo cor col mio core; pure io stendo le mani con gesto di lenta carezza, io rido, ebra di vita, a un sogno di forza e bellezza: t'amo e t'invoco, o figlio, in nome del bene e del male, poi che ti chiama al mondo la sacra Natura immortale. E penso a quante donne, ne l'ora che trepida avanza, sale dal grembo al core la stessa devota speranza!... Han tutte ne lo sguardo la gioia e il t...

  • av Théodore Faullain De Banville
    335

    Vous connaissez ces premières représentations qui sont un événement dans la ville. Lorsqu'il s'agit de juger l'oeuvre d'un homme éminent ou même une comédie à scandale, il semble que dès le matin Paris bouillonne comme si la pensée du poète parlait d'avance à nos âmes à travers le rideau immobile et à travers le manuscrit fermé. Le soir venu, par une inexplicable magie, tout s'anime jusqu'au paroxysme de la vie fébrile. Les toilettes et les visages rayonnent dans la lumière folle; plaintes, gémissements et fanfares d'allégresse, les cordes des instruments et les cuivres de Sax résonnent d'une sonorité inconnue. Un vent d'orage courbe silencieuses ces mille têtes parmi lesquelles la foule reconnaît et salue ses idoles. Tout à coup, par un mouvement imprévu, quelques personnes s'écartent ou changent de place, et laissent à découvert une loge jusquelà cachée; alors se détache devant vous une apparition dont vous ne perdrez jamais le souvenir.

  • av Michel Zévaco
    375 - 725,-

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