Marknadens största urval
Snabb leverans

Böcker utgivna av Culturea

Filter
Filter
Sortera efterSortera Populära
  • av Maurice Level
    329,-

    "Les Portes de l'Enfer" présente une série de nouvelles horrifiques explorant des thèmes sombres et macabres. Chaque récit plonge le lecteur dans des univers où règnent l'étrangeté, le surnaturel et l'angoisse.Maurice Level, reconnu pour sa capacité à créer des atmosphères inquiétantes, utilise son talent pour captiver le lecteur à travers des histoires souvent teintées de mystère, de terreur et de finales surprenantes. Les récits abordent des sujets variés allant de la vengeance à l'obsession en passant par le paranormal."Les Portes de l'Enfer" s'inscrit dans la tradition littéraire du fantastique et de l'horreur en offrant une plongée dans des mondes terrifiants et dérangeants. Maurice Level y dépeint des scènes souvent cauchemardesques qui continuent de captiver les lecteurs à la recherche de frissons littéraires.

  • av Napoleon Legendre
    329,-

    Dans les cieux que son orbe dore, Le soleil monte radieux ; Sous ses rayons on voit Èclore Tout un monde mystÈrieux. La nature s¿éveille et chante Et s¿emplit de tendres soupirs ; Partout la feuille frÈmissante S¿ouvre aux caresses des zéphirs.La rose se penche, vermeille, Tout auprËs du lis embaumÈ, Et, sur le trèfle blanc, l¿abeille,Vient puiser son miel parfumÈ. PrËs de la source qui murmure Sur son lit de cailloux brunis, On entend dans chaque ramure Le doux gazouillement des nids. C¿est le printemps, c¿est la jeunesse,C¿est le réveil de l¿univers ; C¿est la mystérieuse ivresseQui frÈmit sous les arbres verts : Et, puisqüici bas tout s¿enivre,Les oiseaux, les feuilles, les fleurs, Enfants, vous qui vous sentez vivre, À l¿allégresse ouvrez vos c¿urs.

  • av Comtesse de Ségur
    329,-

  • av Panait Istrati
    265 - 329,-

  • av Gustave Aimard
    385,-

    L'histoire suit les aventures de deux jeunes frères, Harry et Henry, qui se retrouvent plongés dans les territoires sauvages de l'Arizona. Ils sont confrontés à des bandits et des hors-la-loi qui sévissent dans la région. Les frères font face à de multiples épreuves et dangers alors qu'ils tentent de survivre dans un environnement hostile.Aimard décrit avec détails les paysages sauvages de l'Ouest américain et les rencontres des frères avec des personnages divers, des hors-la-loi aux autochtones, tout en mettant l'accent sur l'aventure, les combats et les moments palpitants. L'intrigue est marquée par des éléments typiques des récits d'aventure de cette époque : des scènes de poursuites, des conflits violents et des moments d'action captivants."Les Pirates de l'Arizona" s'inscrit dans la tradition des romans d'aventure du XIXe siècle, offrant une lecture divertissante et palpitante pour les amateurs de récits d'aventures exotiques et mouvementées, typiques de cette période littéraire.

  • av Panait Istrati
    329 - 369,-

  • av Jean-Jacques Rousseau
    329 - 345,-

  • av Federico Tozzi
    345,-

    VIRGILIO E MARIO Virgilio è disteso sopra un sofà, con parecchi cuscini sotto la testa. All¿alzarsi del sipario, egli si desta e comincia a parlare. Mario è presso a lui con un libro in mano, legato in cuoio...

  • av Nathaniel Hawthorne
    329,-

  • av Grazia Deledda
    345,-

    Il cordaio fu il primo ad attaccare le sue più belle corde, dal portone al palo che indicava il limite fra la sua aja e quella di Giovanni La Pioppa. Era la mattina del Corpusdomini. La processione, per eseguire la giravolta, doveva entrare nell'aja del cordaio, attraversare quella di Giovanni, uscire per il portone del zolfanellajo, la cui umile casetta era l'ultima del paese. Le tre famiglie si tenevano molto onorate di questa preferenza, e ogni anno formavano, con lenzuola attaccate a due fila di corde, una specie di viottolo semicircolare che cominciava dal portone di Sison il cordaio e finiva nel portone del zolfanellajo. Un palo di qua, uno di là, segnavano appena il limite delle ...

  • av Gaetano Carlo Chelli
    345,-

    Da Piazza di Ponte a Campo di Fiori, padron Gregorio Ferramonti godeva la notorietà e la considerazione di un uomo, che si ritiene quasi milionario. Aveva costruito da sé la propria fortuna. Dei vecchi lo rammentavano ancora cascherino di Toto Setoli, un fornaio al Pellegrino, che lo aveva raccolto per carità. Poi il cascherino era passato garzone di banco; poi era andato ad aprire un buco di bottega, di faccia appunto all'antico padrone. Gli rubava la clientela, dopo avergli rubato i quattrini per fargli quella figuraccia. E da quel momento, la sua barca aveva sempre avuto, come si dice, il vento in poppa.

  • av Gerolamo Rovetta
    345,-

    Nora piombò nella saletta come un fulmine. - Ho fame! Ho fame! - Poi gridò, chiamando e voltandosi verso l'uscio della cucina: - Gioconda! Presto! La colazione! - La Gioconda, - rispose Evelina, senza alzare il capo nè la voce, - la Gioconda l'ho mandata adesso alla posta. Torna subito. - E continuò a scrivere, curva, tutta addosso alla tavola, colla faccia sulle cartelle. Nora, stizzita, si sbottonò d'un colpo, con una sola strappata, la giacchettina blu dagli occhielli un po' logori, poi brontolando, cominciò a camminare in su e in giù per la saletta.

  • av Remigio Zena
    345,-

    Il meglio, nelle cose proibite dal governo, è di non mischiarcisi mai; per esempio, a forza di suppliche e di raccomandazioni, una mattina finalmente il re fece alla Bricicca la grazia dei tre o quattro mesi che le restavano ancora, ed è uscita in libertà dopo un anno di prigionia per l'affare del lotto clandestino, ossia del seminario, come diciamo noi a Genova, ma intanto col suo volersi imbarazzare in certi negozi, fu essa che finí per uscirne colla testa rotta. Quando si nomina la Bricicca, s'intende la bisagnina che sta sulla piazzetta della Pece Greca, di fianco all'Angelo Custode, quella che aveva tre figlie, perché a Genova ce n'è un'altra chiamata Bricicca, che vende farinata a ...

  • av Emma Perodi
    375,-

    La Vezzosa non aveva saputo resistere alla tentazione di domandare al marito quali erano i fatti dolorosi il cui ricordo bastava per render triste la vecchia Regina, e Cecco le aveva narrato che nei primi anni del matrimonio, le era nato un figlio infelice, assolutamente scemo, e che la vista di quel ragazzo con un testone che non poteva regger sulle spalle, era il tormento del vecchio Marcucci. Per quel povero bambino egli non aveva sentito mai altro che repulsione, e la Regina, che lo idolatrava appunto perché era disgraziato, si affliggeva immensamente di vederlo trascurato dal padre.

  • av Giovanni di Giovanni
    345,-

    Compita che fu la misura delle scelleratezze degli Ebrei; così profondamente caddero dal cuore di Dio, che perdendo l¿onorevole titolo di suo popolo diletto, incorsero l¿obbrobrioso nome di nazione perfida, rubelle, e maledetta. Quindi nel ricercare noi con tutta diligenza, e nell¿esporre con tutta fedeltà l¿Ebraismo della Sicilia, in fin a richiamare in questo Capitolo da più alti secoli la sua antichità, ed a stendere ne¿ Capitoli d¿appresso con ampiezza i suoi privilegj, non abbiamo pretesa quell¿esaltazione, che si suol pretendere dagli Storici, qualor si studiano di sollevare al più alto, che possono, le prerogative, ed antichità di que¿ popoli, i fatti de¿ quali imprendono ad illust...

  • av Pietro Verri
    345,-

    Verso la metà del secolo decimoterzo l'Impero era immerso nell'anarchia e nella confusione. Vi erano più rivali, e ciascuno s'intitolava augusto ed aveva un partito; rivali deboli però, e appena bastanti a nuocersi scambievolmente; e perciò l'autorità imperiale più non vi era; anzi, riguardo alla storia di Milano, dobbiamo considerare l'influenza dell'imperatore sospesa sino alla fine del secolo decimoterzo. Gl'imperatori Corrado IV, Guglielmo d'Olanda, Riccardo di Cornovaglia, Alfonso di Castiglia, Rodolfo di Habsburg, Adolfo di Nassau e Alberto I non ebbero che poca o nessuna parte negli avvenimenti di Milano...

  • av Luigi Barzini
    345,-

    Da bordo del Venezuela, 12 ottobre. Chi può udire senza commozione profonda il grido che si leva da una nave carica d¿emigranti, nel momento della partenza, quel grido al quale risponde la moltitudine assiepata sulle banchine, urlo disperato di mille voci rauche di pianto? Gridano addio! E par che gridino aiuto!... L¿addio! Non c¿è cosa più amara e più dolorosa. Tutta l¿umana sofferenza può essere espressa in questa parola: addio! In fondo ad ogni nostro dolore possiamo trovare sempre un addio: a qualche cosa o a qualcheduno.

  • av Algernon Charles Swinburne
    399,-

    "William Blake: A Critical Essay" is indeed a work by Algernon Charles Swinburne, a Victorian poet, critic, and playwright. Algernon Charles Swinburne wrote this essay as an analysis and appreciation of the life and works of the English poet and artist William Blake.Swinburne, known for his own contributions to English literature, was an advocate of the Romantic movement, and he admired the visionary and mystical qualities in Blake's poetry and art. "William Blake: A Critical Essay" reflects Swinburne's perspective on Blake's significance in the literary and artistic landscape of his time.The essay is considered a notable contribution to Blake scholarship and a testament to the enduring influence of William Blake on subsequent generations of writers and artists.

  • av Gaetano Negri
    345,-

    Nel presentare questo nuovo mio libro ai miei pochi ma cortesi lettori, io vorrei rinnovare l'espressione di un desiderio, già manifestato nei miei volumi antecedenti. Io vorrei che essi fossero persuasi che non c'è, nel mio pensiero, neppur l'ombra di un'inclinazione tendenziosa. Per me la storia non ha interesse, se non è trattata con uno spirito e con un metodo rigorosamente oggettivo. Se lo scrittore si giova della storia per dare sfogo alle sue preconcette preferenze, se vuol forzare i fatti alla giustificazione delle sue teorie, potrà scrivere un'opera interessante ed eloquente, potrà scagliare un libello od imaginare un romanzo, ma non scriverà una storia. Tale concetto deve applic...

  • av Luigi Antonelli
    345,-

    Signori! L¿amarezza di questa favola che vi preparate ad ascoltare mi ha indotto a rivolgervi alcune parole prima ch¿io divenga una scimmia. Sono le mie ultime parole, almeno per questa sera, che pronunzierò da uomo: e non saranno gaie, poichè io diventerò una scimmia per mettermi contro gli uomini. L¿autore non poteva oggi scrivere una favola allegra per far ridere una platea. L¿interpretazione della nostra vita contemporanea non può essere una gioconda partita a dama, perchè la vita non è divertente. Per sperare ancòra qualche cosa dagli uomini e per credere nel loro avvenire, bisogna mettersi a urlare per tutto quello che essi hanno distrutto e si apparecchiano a distruggere.

  • av Pietro Verri
    345,-

    (1500) Poiché il re Lodovico XII ebbe abbandonato Milano per ritornarsene nel suo regno, una porzione dell'armata francese s'incamminò verso della Romagna per togliere Imola e le altre città promesse al duca di Valentinois, dalle mani del conte Girolamo della Rovere. Il duca di Valentinois era figlio di Alessandro VI, il conte Girolamo era figlio di Sisto IV. È facile l'immaginarsi quai dovessero essere i costumi di que' tempi, se tali esempi diedero anche i poscia graduati al sommo sacerdozio. Doveva quindi quel corpo di Francesi innoltrarsi ad occupare il regno di Napoli. Divenne così meno imponente nella Lombardia la nuova forza conquistatrice.

  • av Salvatore di Giacomo
    345,-

    Sul Piazzale di Porta Roma erano poche persone. Era deserta la via del laboratorio pirotecnico, deserta la via di faccia ad essa, ove, sul principio, è la semplice e nuda fabbrica dell¿Arcivescovado a cui seguono altre fabbriche basse e la Riviera Casilina, recinta da una fila di casette rossastre. L¿ora del tramonto avanzava. Un lume dorato che poc¿anzi avea tutto infiammato, nel lontano, il fuggevole dosso de¿ Tifati si raccoglieva in coda ä monti, ove la terra e la collina s¿univano e pareva che l¿ultima arborea decorazione di quelle gobbe immani sprofondasse nell¿immensa e aperta campagna, verso Roma lontana. Tutto intorno taceva di quel triste silenzio invernale che pesa su Capua, ...

  • av Marie-Catherine D'Aulnoy
    345,-

    C'era una volta un Re, molto ricco di quattrini e di terre: la sua moglie morì, ed egli ne fu inconsolabile. Per otto giorni intieri si chiuse in un piccolo salottino, dove picchiava il capo nel muro, tanto era il dolore che gli straziava l'anima; per paura che finisse coll'ammazzarsi, furono accomodate delle materasse fra il muro e i parati della stanza. Così poteva sbatacchiarsi a suo piacere, e non c'era caso che potesse farsi del male. Tutti i suoi sudditi si messero d'accordo per andare a trovarlo e dirgli quelle ragioni credute più adatte, per iscuoterlo dalla sua tristezza...

  • av Mario Morasso
    345,-

    Numerosi e loquaci sono oggi i critici, innumerabili e diverse le critiche, ma una vera critica d'arte, scientificamente costruita con i metodi e sui dati che rinnovarono tutti gli studi, non esiste ancora, come manca del pari una teoria generale del fenomeno artistico che corrisponda ai requisiti del pensiero moderno. Non mai anzi, come oggi, meno si seppe istituire un giudizio estetico, meno si potè giudicare della vera bellezza di un'opera d'arte, poichè non mai come adesso mancò in modo più completo il criterio stabile ed essenziale donde derivare siffatto giudizio.

  • av Tullo Massarani
    345,-

    Oh! se il pensier vagante Per l'ètera infinito Sapesse mai le tante Larve, onde fu rapito, Pinger con la favella Ne la solinga cella!

  • av Anton Giulio Barrili
    345,-

    Racconto una storia vera, giusta il mio costume, che dovrebb'essere di tutti coloro i quali non sono molto esercitati nell'arte del novelliere. Facile è lo inventare, e ci si mette quanto a dir male del prossimo; difficilissimo, poi, dare alle sue invenzioni la evidenza del vero, lumeggiarle con quei tocchi di pennello che le fanno balzar quasi dalla tela. I fatti, per tal guisa affastellati, si tengono ritti per miracolo; i caratteri, dipinti di maniera, non istanno nè in riga nè in spazio; gli è insomma un guazzabuglio, il quale non mette nulla in rilievo, nulla, se non forse la tracotanza dell'autore.

  • av de Amicis Edmondo
    345,-

    Tu ami la lingua del tuo paese, non è vero? L¿amiamo tutti. È inseparabilmente congiunto l¿amore della nostra lingua col sentimento d¿ammirazione e di gratitudine che ci lega ai nostri padri per il tesoro immenso di sapienza e di bellezza ch¿essi diedero per mezzo di lei alla famiglia umana, e che è la gloria dell¿Italia, l¿onore del nostro nome nel mondo. L¿amiamo perchè l¿hanno formata, lavorata, arricchita, trasmessa a noi come un¿eredità sacra milioni e milioni d¿esseri del nostro sangue, dei quali, per secoli, ella espresse il pensiero, e le sue sorti furon le sorti d¿Italia, la sua vita la nostra storia, il suo regno la nostra grandezza.

  • av Gabriele d'Annunzio
    345,-

    Beati immaculati...Andare davanti al giudice, dirgli: "Ho commesso un delitto. Quella povera creatura non sarebbe morta se io non l'avessi uccisa. Io Tullio Hermil, io stesso l'ho uccisa. Ho premeditato l'assassinio, nella mia casa. L'ho compiuto con una perfetta lucidità di conscienza, esattamente, nella massima sicurezza. Poi ho seguitato a vivere col mio segreto nella mia casa, un anno intero, fino ad oggi. Oggi è l'anniversario. Eccomi nelle vostre mani. Ascoltatemi. Giudicatemi". Posso andare davanti al giudice, posso parlargli così?Non posso né voglio. La giustizia degli uomini non mi tocca. Nessun tribunale della terra saprebbe giudicarmi.Eppure bisogna che io mi accusi,...

  • av Pietro Verri
    345,-

    Abbiamo un buon numero di scrittori della storia e della erudizione patria; eppure pochi sono i Milanesi, anche scegliendo gli uomini colti, i quali abbiano un'idea della storia del loro paese. Questa generale oscurità ci dispiace, e tavolta ancor ci pregiudica; ma gli ostacoli che dovremo superare per acquistare la notizia, sono tanti e sì difficili, che, affrontati appena, ci sgomentano; e, trattine alcuni pochi eruditi per mestiere, i quali si appiattano a vivere fra i codici e le pergamene, non vi è chi ardisca di vincerli. Il Calchi, l'Alciati, il Corio han qualche nome.

  • av Giovanni Prati
    399,-

    Alto e giusto di forme, e brun di volto; Nero di ciglia; intento occhio che splende; Fronte mobile ed ampia; il crin mi scende Giù per le spalle abbandonato e folto. Sotto i mustacchi impallida o s¿accende Il labbro; agil la voce, il piede ho sciolto; Pronti i gesti; talor l¿abito incolto; Ecco il visibil che di me si rende. I pochi o i tanti che non m¿han veduto, Come leggendo suol crear l¿affetto,

Gör som tusentals andra bokälskare

Prenumerera på vårt nyhetsbrev för att få fantastiska erbjudanden och inspiration för din nästa läsning.