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Böcker i Classici della Letteratura Italiana-serien

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  • av Daniello Bartoli
    355,-

    Le calunnie degl¿Ignoranti, e i vizj de¿ Letterati, questi sono i due nodi, che fanno eclissi alla gloria delle Lettere, e tolgono il suo splendore a questo unico Sole del Mondo. Gl¿Ignoranti odian le Lettere, e non le posson vedere; e perché non le posson vedere, per questo le odiano: ché se le Nottole avessero occhi con che mirar fiso nel Sole, Nottole non sarebbon, ma Aquile. Gli altri, male adoperando le Lettere, sì come certe Stelle malefiche usan la luce per veicolo di mortali influenze, rendono odiosa al Mondo la più bella e la più innocente cosa del Mondo. Così alle Lettere la loro integrità non giova per renderle amabili; mentre l¿altrui giudicio, senza giudicio, le fa ree; e le ...

  • av François Rabelais
    355,-

    Non sarà inutile né ozioso, poiché abbiam tempo, mentovare la prima fonte e origine onde ci è nato il buon Pantagruele. Vedo infatti che così han trattato le loro croniche, tutti i buoni storiografi, non solamente, Arabi, Barbari, Latini e Greci, ma anche gli autori della Santa Scrittura come Monsignor San Luca e parimenti San Matteo. Vi convien prender nota dunque che, al principio del mondo (parlo di tempi molto lontani, or sono piú di quaranta quarantine di notti per contare al modo degli antichi Druidi) poco dopo che Abele fu ucciso dal fratello Caino, la terra, imbevuta del sangue del giusto...

  • av Annie Vivanti
    355,-

    (Ciò che pensa) L'anima mia è triste fino alla morte. (Ciò che scrive) Gentile signora, Antonino Melzi mi ha detto ch'Ella, illustre poetessa, s'interessa alla mia arte e che alla Promotrice, degnandosi di ammirare l'opera mia, «Il Sacrificio», ha espresso il desiderio di conoscermi.Ne sarò invero onorato e felice. A. Galeazzi.

  • av Luigi Capuana
    355,-

    Ugo Ojetti ha predicato, giorni fa, a Venezia il suo vangelo letterario. Ripercosso dall'eco del telegrafo e dalle rassegne dei cronisti, è giunto fino a qui il rumore degli applausi prodigati dall'uditorio al conferenziere. Me ne rallegro con lui. Egli possiede tutte le qualità necessarie per farsi applaudire: è bel giovane, ha lo stile vivace, immaginoso, un po' vaporoso, ora di moda; dice delle cose non comuni e le afferma con calda convinzione di neofita, senza esitanze, senza riserve. La foga giovanile lo ha spinto a cercarsi, prima del pubblico veneziano, un pubblico più vasto, quasi mondiale.

  • av Luigi Pirandello
    355,-

    Da quindici giorni Attilio Raceni, direttore della rassegna femminile Le Grazie, scontava con infinite noje, arrabbiature e dispiaceri d'ogni genere una sua gentile idea: quella di salutare con un banchetto la giovane e già illustre scrittrice Silvia Roncella, venuta da poco tempo col marito a stabilirsi da Taranto a Roma. Partendo l'invito da una rassegna come la sua, la quale, piú che a una qualche reputazione letteraria, aspirava a esser considerata òrgano della mondanità intellettuale romana, e mirando quell'invito nella sua intenzione, non tanto a rendere onore alla scrittrice quanto a mostrar viva la rassegna con un atto di pura cortesia fuori d'ogni competizione letteraria, non s...

  • av Luigi Stefanoni
    355,-

    Un principio, un¿idea, una teoria antichissima quanto è antico il mondo, assopita per secoli ma non mai interamente soffocata, che di tempo in tempo aveva avute le sue apoteosi e decadenze, squarciava improvvisamente il velo con cui il moribondo secolo decimottavo la copriva, per riapparire anco una volta alla luce del sole, per reclamare la sua parte negli avvenimenti dell¿umanità, per eseguire la parola del Cristo: ¿i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi¿. La teoria non aveva nulla di nuovo; essa cambiava semplicemente le parti ed annunciando ai despoti la fine del despotismo, ai popoli il regno della libertà, faceva vibrare nel cuor dell¿uomo una corda sensibile all¿unisono c...

  • av Emilio De Marchi
    409,-

    Giacomo Lanzavecchia mi scriveva sui primi di settembre: «Ti ricordo la promessa che mi hai fatta di venir a passare qualche giorno alle Fornaci. Non ebur neque aureum Mea renidet in domo lacunar... Ma c'è sempre la cameretta libera dello zio prete colla bella vista sul Resegone. Seguace dei pitagorici, io non sono cacciatore, ma c'è qui presso il "Roccolo" di don Andrea, dove sento che quest'anno i tordi si lasciano pigliare volontieri. Se stenterai a pigliar sonno la notte, ti darò a leggere le bozze di stampa d'un certo mio "Saggio sull'Idealismo dell'avvenire", che ebbe, se non lo sai, l'onore d'un mezzo premio d'incoraggiamento dal R. Istituto Veneto. Ma non spaventarti, caro Edoardo!

  • av Luigi Capuana
    355,-

    ¿ Capitano ¿ disse Giacinta. E, presogli il braccio, lo tirava verso la vetrata della terrazza con vivacità fanciullesca ¿ È vero che il tenente Brogini ha un'amante vecchia e brutta che talvolta lo picchia? Il capitano Ranzelli cessò di sorridere e si fece serio serio. ¿ Perdoni, signorina; mä ¿ Al solito, gli scrupoli! ¿ esclamò Giacinta con una piccola mossa di dispetto. ¿ È una scommessa; me lo dica, mi faccia questo piacere. Dopo se vorrà, potrà sgridarmi...

  • av François Rabelais
    355,-

    Oh bevitori infaticabili, e voi, impestati preziosissimi, mentre avete tempo da perdere ed io non ho altro di più urgente tra mano, vi domando domandando: Perché corre oggi questo modo di dire proverbiale: Le monde n'est plus fat? Fat è un vocabolo di Linguadoca e significa non salato, senza sale, insipido, sciatto; per metafora significa folle, sciocco, sprovvisto di buon senso, sventato di cervello. Vorreste voi dire, come infatti si può logicamente inferire, che per lo innanzi il mondo sarebbe stato sciocco e ora sarebbe divenuto savio? Per quante e quali condizioni era sciocco? Quante e quali condizioni erano richieste a rinsavirlo? Perché era sciocco? Perché sarebbe ora savio?

  • av John Florio
    409,-

    A mal mortale, ne medico ne medicina vale. A cauallo donato, non guardar' in bocca. A caualli magri, vanno le mosche. A buon'intenditore, mezza parola basta. A chi la riesce bene, è tenuto sauio. A buona seconda, ogni santo aiuta. A tutto è rimedio, eccetto alla morte. A casa mia non entrerai, se teco non porterai. Al disgratiato, il pan tempesta in forno.

  • av Domenico Caprile
    355,-

    Quel dì era gran festa nelle case dei Castello. Allo spuntar del sole, si spargeva per tutta la città la notizia che era in vista una Galea genovese. Molta gente era venuta al porto, e si facevano di molte congetture e un gran discorrere, quando d'improvviso taluni giovani, che stavano sulla punta del Molo aguzzando a gara gli sguardi, presero a gridare: Castello! Castello! E, tra coloro che erano sulla spiaggia, quei che aveano vista più acuta ripetevano il grido, affermando distinguere lo stendardo celeste con in mezzo il Castello bianco sormontato da tre torri.

  • av Autori Vari
    385,-

    O fossero stanchi di aver giuocato troppo a moscacieca o veramente avessero voglia di leggere, fatto sta che quella sera i ragazzi presero ognuno un libro e se ne andarono in un angolo remoto del giardino. Subito che furono accoccolati sull¿erba, Carlo che era il più grande e il più prepotente e che aveva preso da poco l¿esame di quarta elementare, aprì la sua brava storia romana e alla Mariuccia che aveva un anno meno di lui: ¿ Siamo rimasti disse a Spurio Cassio. ¿ Chi era? domandò la Nina. ¿ Zitta mormorò Topolino sarà un brutto gigante di quelli che fanno male ä bambini che poi viene la fata bianca...

  • av Torquato Tasso
    675,-

    1

  • av Matilde Serao
    355,-

    La prima volta in cui Nino Stresa mi mancò di rispetto, fu in un ballo. Ero vestita di broccato bianco, quella sera: e il busto del vestito era sostenuto, sulle spalle, da due fascie di brillanti che formavano manica. Egli, Nino Stresa, mi cominciò a guardare, di lontano, poco dopo la mia apparizione nel ballo: e non potei più fare un movimento per passeggiare o per ballare, senza sentire il suo sguardo fermo sovra me. Ora, Nino Stresa ha uno sguardo singolare. I suoi occhi sono semplicemente neri, senz'altro pregio. Ma lo sguardo ha una dolcezza languida e persistente che, talvolta, dopo qualche minuto di contemplazione, pare che si veli di lacrime per una profonda emozione saliente agli...

  • av François Rabelais
    355,-

    Beoni lustrissimi, e voi Impestati pregiatissimi (poiché a voi non ad altri dedico i miei scritti) Alcibiade nel dialogo di Platone intitolato il Simposio, lodando Socrate, suo precettore e, senza contrasto, principe de' filosofi, dice tra l'altro ch'egli era simile ai sileni. Per sileni s'intendeva una volta certe scatolette, quali vediamo ora nelle botteghe degli speziali, dipinte di figure allegre e frivole come arpie, satiri, ochette imbrigliate, lepri colle corna, anitre col basto, caproni volanti, cervi aggiogati ed altrettali immagini deformate a capriccio per eccitare il riso, quale fu Sileno, maestro del buon Bacco.

  • av François Rabelais
    355,-

    Spirito assorto in rapimento estatico, Che frequentando il ciel, tua patria vera, Lasciasti il corpo, tuo soggiorno e viatico, Che tanto a' tuoi voleri s'ammaniera In questa nostra vita passeggera, Tu, senza sensi, né passion molesta, Oh non vorresti ritornare in questa Terra, dal tuo celestiale ostello, E il terzo libro delle allegre gesta Veder quaggiù, del buon Pantagruello?

  • av François Rabelais
    355,-

    Beoni lustrissimi e voi, gottosi preziosissimi, ho visto, ricevuto, udito e inteso l'ambasciatore che la Signoria delle vostre Signorie ha inviato alla mia Paternità; e m'è sembrato assai buono e facondo oratore. Il sommario del suo discorso ridurrò a tre parole, le quali sono di sì grande importanza che a Roma un tempo con queste tre parole il pretore rispondeva a tutte le istanze esposte in giudizio, con queste tre parole decideva ogni controversia, querela, processo, questione, talché i giorni in cui il pretore non usava quelle tre parole eran detti nefasti, i giorni in cui soleva usarle eran detti fasti e felici. Le tre parole sono: date, dite, aggiudicate.

  • av Antonio Ranieri
    355,-

    Io ho bisogno, padre mio venerabile, che voi non ignoriate nulla dell'essere mio. Sento alla fine che Iddio, fatto pietoso alle mie spaventevoli calamità, è vicino a liberarmene, chiamandomi alla sua pace. Padre mio adorabile, fate che io non mi rappresenti al suo cospetto senza la vostra assoluzione. Il cospetto di Dio è tanto terribile! io sono tanto debole ed infelice! tremo tutta... non mi reggo... Padre mio, come potrò sostenerne lo sguardo?

  • av Torquato Tasso
    409,-

  • av Emilio Bossi (Milesbo)
    355,-

    Di Gesù Cristo ¿ persona reale, essere umano ¿ la storia non ci ha conservato nessun documento, nessuna prova, nessuna dimostrazione. Egli non ha scritto nulla. Anche Socrate, in vero, non scrisse nulla, insegnando solo oralmente. Ma tra Cristo e Socrate vi sono tre differenze capitali: la prima consistente nel fatto che Socrate non insegnò nulla che non fosse razionale, o meglio, umano, mentre Cristo a ben poca cosa di umano mescè molto di miracoloso; la seconda, derivante dalla circostanza che Socrate passò alla storia unicamente come persona naturale, laddove Cristo non fu né è conosciuto che come persona...

  • av Niccolò Tommaseo
    355,-

    Raccogliere in ordine nuovo le sparse idee degli autori possenti per fecondità di pensiero; illustrare le oscure, recandole in più usitato linguaggio, e deducendone nuove conseguenze; de¿ concetti men veri notare il difetto, e del difetto la scusa; compararli cö precedenti autori, e cö vissuti poi; far sentire la convenienza tra il cuore e l¿ingegno, gli scritti e la vita; questi uffizi dell¿alta critica, quanto sia raro compire, gli esempi ci dicono. Ragionando del Vico, noi c¿ingegneremo d¿adempirne qualcuno, quanto all¿angustia della mente e dello spazio prefissoci sarà conceduto. Sulle idee dell¿uomo, oramai meglio note, ci fermeremo meno: i germi di verità innovatrici e coraggiose,...

  • av Luigi Amabile
    515,-

    I. Al declinare del giorno 8 novembre 1599, le quattro galere provenienti dalla Calabria giungevano in vista di Napoli, e poco dopo un battello spiccavasi dal Regio «tarcenale», come allora si diceva, ed andava ad incontrarle. Nella sera, all'entrare in porto, dalle antenne di ciascuna galera si vide spenzolare un uomo appiccato, e due altri si videro squartare in mezzo alle galere medesime, «per spavento del populo di questa città, concorso in numero infinito alla fama di questi funesti spettacoli» . L'indomani, i carcerati venivano sbarcati e rinchiusi parte nel Castel nuovo e parte nel Castello dell'uovo.

  • av de Amicis Edmondo
    355,-

    Povero martire! Ogni volta che entrai nella sua bottega, ci risi molto; ma ne uscii pieno d'ammirazione e di pietà. Aveva la libreria, o meglio la sua stanza di tortura, a un angolo di via Giusti, accanto alla Scuola municipale Norberto Rosa, poco lontano da un altro libraio delle scuole elementari, il quale gli disputava la piccola clientela con un'avidità scellerata. Era una bottega tipica di libraio da ragazzi, ossia una miscela strana di cose disparate, minute, graziose, inutili, necessarie e ridicole, appunto come il cervello degli avventori.

  • av Luigi Amabile
    459,-

    I. Si conosce oramai per documenti essere il Campanella nato in Stilo, il 5 7bre 1568, da Geronimo e Caterina Martello, ed essere stato battezzato col nome di Gio. Domenico, il 12 7bre, nella Chiesa di S. Biagio al Borgo, che le scritture dell'Archivio di Stato ci rivelano a que' tempi una delle cinque Chiese parrocchiali della città, oggi ridotte a tre. Coloro i quali poterono consultare i libri della detta parrocchia, che furono poi dispersi col sacco dato a Stilo da' briganti il 29 agosto 1806, assicurano di avervi letto questo brano: «A 12 settembre 1568. Battezato Giovan Domenico Campanella figlio di Geronimo, e Catarinella Martello nato il giorno cinque, da me D. Terentio Romano Par...

  • av Ugo Iginio Tarchetti
    355,-

    Mi sono accinto piú volte a scrivere queste mie memorie, e uno strano sentimento misto di terrore e di angoscia mi ha distolto sempre dal farlo. Una profonda sfiducia si è impadronita di me. Temo immiserire il valore e l¿aspetto delle mie passioni, tentando di manifestarle; temo obbliarle tacendole. Perché ella è cosa quasi agevole il dire ciò che hanno sentito gli altri ¿ l¿eco delle altrui sensazioni si ripercuote nel nostro cuore senza turbarlo ¿ ma dire ciò che abbiamo sentito noi, i nostri affetti, le nostre febbri, i nostri dolori, è compito troppo superiore alla potenza della parola. Noi sentiamo di non poter essere nel vero.

  • av Gabriele D'Annunzio
    355,-

    - Forse - rispondeva la donna, quasi protendendo il sorriso contro il vento eroico della rapidità, nel battito del suo gran velo ora grigio ora argentino come i salici della pianura fuggente.- Non forse. Bisogna che sia, bisogna che sia! È orribile quel che fate, Isabella: non ha alcuna scusa, alcuna discolpa. È una crudeltà quasi brutale, un'offesa atroce al corpo e all'anima, un disconoscimento inumano dell'amore e d'ogni bellezza e d'ogni gentilezza dell'amore, Isabella. Che volete voi fare di me? Volete rendermi ancor più disperato e più folle?- Forse - rispondeva la donna, aguzzando il suo sorriso che il velo pareva confondere e quasi fumeggiare nei mobili riflessi, di sotto ...

  • av Grazia Deledda
    355,-

    Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo di chiamare solo X***, benchè nella carta sia segnata con un nome assai sonoro e lungo. X*** possiede la sua brava passeggiata, le sue piazze, esenti ancora di fontane di marmo, e di statue, i suoi caffè splendidissimi, il suo club, e qualche volta anche a intervalli di due o tre anni, si permette il lusso del teatro: tutto ciò però non impedisce che vi si tragga la vita più noiosa di questo mondo, sicchè la più piccola novità basta per mettere in fermento gli abitanti pacifici e poco interessati nelle gravi questioni d'oltre monti e d'oltre mari. Ai primi dell'anno 1881, la novità più salient...

  • av Giuseppe Pitre
    409,-

    La raccolta che io do alla luce comprende quattrocento tradizioni popolari: trecento nel testo, cento sotto la rubrica delle Varianti e Riscontri. Esse son divise per cinque serie, di cui la prima abbraccia fiabe di re, di principesse fatate, di draghi e mamme-draghe; la seconda novelle che narrano piacevolezze, motteggi, facezie, burle che popolo e letterati fanno avvenire nel tal paese, e in persona del tale o tal altro; la terza, tradizioni storiche e fantastiche di luoghi e di persone; la quarta, proverbi e modi di dire proverbiali spiegati, per la loro origine, con aneddoti e storielle; la quinta, favolette e apologhi nel significato ordinario della parola. Questa divisione non è ar...

  • av Anonimo
    355,-

    O Gesò Cristo, figliuol di Maria, che pegli peccator pendesti in croce, non seguitare la mia gran follia, sed io inver' di te mai fui feroce: concedi grazia nella mente mia, favoreggiando me colla tua voce, ch'io dica cosa ch'a te non offenda, e questa gente volentier la 'ntenda.

  • av Fratelli Grimm
    355,-

    Un padre aveva due figli. Il maggiore era scaltro e giudizioso e sapeva arrangiarsi in tutto benissimo, il minore invece era stupido, non capiva e non imparava nulla, e quando la gente lo vedeva, diceva: «Costui è per il padre un bel peso!». Quando c'era qualcosa da fare, il fratello maggiore la eseguiva sempre; ma se il padre lo chiamava per andare a prendere qualcosa, di sera o addirittura di notte e la strada passava accanto al cimitero o in qualche altro luogo tetro, allora egli rispondeva: «Ah, no, babbo, io non ci vado, mi viene la pelle d'oca!» perché era pauroso.

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