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Böcker i Classici della Letteratura Italiana-serien

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  • av Giovanni Battista Casti
    499,-

    Giacchè vi compiacete, o Donne care, Di qualche mia galante novelletta, Istantemente vi voglio pregare Che avanti a tutte voi mi si permetta Una protesta pubblica di fare, Che bramo sia da tutt'intesa, e letta E intendo, e dico, e vo' che vaglia al paro D'un rogito di pubblico notaro.

  • av Evangelista Torricelli
    345,-

    È stato sempre antico, e saggio costume, dalla maggior parte delle Nazioni più riguardevoli ricevuto, l'onorare con isplendida rammemoranza, l'azioni di coloro, che avendo mentre, che vissero, virtuosamente adoperato, nel partire da questa breve, e fugace vita, lasciarono a i posteri un illustre esempio, di segnalata virtù. Conciossiache in somigliante guisa il guiderdone de' trapassati, che altro non è, che la verace lode delle magnanime imprese, al merito loro rendevano; e quei che rimanevano in vita, di camminare per le gloriose vestigia, da i loro antenati segnate con tanto applauso, si sentivano maravigliosamente incitati.

  • av Anonimo
    345,-

    Don Gaifero sta seduto là nel palazzo real; sta seduto al tavoliere , dilettandosi a giocar. Già teneva in mano i dadi, già gli andava per gittar, quando à un tratto ecco lo zio, che lo prende a rampognar: "Tu, Gaifero, sei da questo; tu sei buono i dadi a trar;

  • av Antonio Gramsci
    345,-

    Saggio del Croce: Questa tavola rotonda è quadrata. Il saggio è sbagliato anche dal punto di vista crociano (della filosofia crociana). Lo stesso impiego che il Croce fa della proposizione mostra che essa è «espressiva» e quindi giustificata: si può dir lo stesso di ogni «proposizione», anche non «tecnicamente» grammaticale, che può essere espressiva e giustificata in quanto ha una funzione, sia pure negativa (per mostrare l'«errore» di grammatica si può impiegare una sgrammaticatura). Il problema va quindi posto in altro modo, nei termini di «disciplina alla storicità del linguaggio» nel caso delle «sgrammaticature»....

  • av Bonvesin de la Riva
    345,-

    In nom de Jesu Criste e de sancta Maria Quest¿ovra al so honor acomenzadha sia: Ki vol odir cuintar parol de baronia, Sì olza e sì intenda per soa cortesia.

  • av Giacomo Zanella
    345,-

    Pensiero con pensier, rima con rima Intarsïando andai sulle mie carte; E fu tal ora che l'ambita cima Aver già tocca mi sembrò dell'arte.

  • av Antonio Gramsci
    515,-

    Gentilissima signora, prima di tutto, voglio domandarle scusa per i disturbi e i fastidi che le ho arrecato, i quali non entravano, in verità, nell'accordo di inquilinato. Sto abbastanza bene e sono calmo e tranquillo. Le sarò grato se vorrà preparare un po' di biancheria e consegnarla a una brava donna, di nome Marietta Bucciarelli, se verrà a domandarla per me: non posso mandarle l'indirizzo della donna perché l'ho dimenticato...

  • av Arturo Graf
    345,-

    Chiedi tu donde mova il disperato Dolor che m¿urge e mi dilania il verso? Dalla terra e dal mar, dal turbinato Aere, dal cielo luminoso e terso; Dall¿ignivomo sol, dall¿increato Bujo, dall¿infinito ove sommerso Tutto disvien, dall¿eterno passato, Dall¿eterno avvenir, dall¿universo; Dai morti innumerati che in arcano Sonno per sempre giacciono, dai vivi

  • av Victor Hugo
    345,-

    Quando arrivai alla Camera dei pari, erano le tre precise, il generale Rapatel uscendo dal vestibolo mi disse: ¿ La seduta è finita. Andai alla Camera dei deputati. Nel momento in cui la mia carrozza passava dalla via di Lilla una colonna serrata ed interminabile di uomini in borghese, in blouse ed in berretto, camminando l'uno a braccetto dell'altro, tre per tre, sboccava dalla via Bellechasse e si dirigeva verso la Camera. Vedevo l'altra estremità della strada chiusa da una fitta fila di fanteria di linea, l'arma al braccio. Sorpassai la

  • av Giovanni Cittadella
    399,-

    Cadeva la tirannide di Eccelino, e Padova l¿anno cinquantesimosesto del secolo terzodecimo ripigliava la intermessa amministrazione, e si reggeva a Comune. Per ben conoscere l¿origine de¿ suoi ordinamenti giova rimembrare che Carlo Magno preponeva i marchesi ed i conti a tenere il freno di molte città, e che questi sebbene soggetti a quelli, pure dominavano licenziosamente rompendo ad eccessi di orgoglio. Anche Padova ebbe i suoi conti; e la loro autorità, perchè trascorrevole da un canto, dall¿altro perchè subalterna, ingenerava avversione. Aggiugni le oppressioni dei feudatarii maggiori sovra i minori, le reluttanze di questi, le strettezze dei coloni legati alla gleba, il bisogno loro ...

  • av Edward Gibbon
    345,-

    L'INSEPARABILE connessione degli affari civili ed ecclesiastici mi ha dato motivo ed aiuto a riferire il progresso, le persecuzioni, lo stabilimento, le divisioni, il pieno trionfo e la successiva corruzione del Cristianesimo. Ma ho differito o bella posta l'esame di due religiosi avvenimenti, di conseguenza nello studio della natura umana, ed importanti nella decadenza e rovina del Romano Impero, cioè I. l'istituzione della vita monastica ; e II. la conversione de' Barbari Settentrionali.

  • av Carlo Botta
    345,-

    1775. Giace Boston nel mezzo della provincia di Massacciusset su d'un tratto di terra, il quale congiunto essendo col continente per mezzo di una strettissima lingua, che chiamano l'istmo, si allarga per dar luogo, e ricevere tutta l'ampiezza della città. Questo tratto ha una figura irregolare, ritirandosi in dentro qua e là, per formare seni di mare, o sporgendo in fuori per fare promontorj. In su d'uno di questi seni, volto ad oriente, si trova il porto per ogni sorta di navi sì da guerra, che da commercio molto opportuno.

  • av Giovanni Cittadella
    399,-

    Al primo saluto di pace rinverdì vigorosa l¿operosità degli artieri, si ravviò la vicenda dei traffichi, si aprirono a serenità di letizia le fronti dei cittadini, e Padova si rifece città. Solo duravano le ostilità col duca d¿Austria, che negli accordi di Torino non aveva parte, e sebbene il consumo delle merci e delle vettovaglie spedite all¿esercito padovano, lo sguazzare di que¿ soldati vincenti e depredanti fruttasse profitto alle ragioni dei cittadineschi commercii, pure la pace era il desiderio di tutti, e volevasi tolta ogni rimembranza di quella misera condizione, che per cinque anni aveva lacerata la città ed il territorio.

  • av Edward Gibbon
    399,-

    Con Teodosio spirò il genio di Roma, poichè fu esso l'ultimo dei successori d'Augusto e di Costantino, che conducesse in campo gli eserciti e vedesse la sua autorità riconosciuta per tutta l'estensione dell'Impero. La memoria però delle sue virtù continuò tuttavia a difendere la debole ed inesperta età dei suoi figli. Dopo la morte del padre, Arcadio ed Onorio furono per unanime consenso del Mondo salutati come Imperatori legittimi dell'Oriente e dell'Occidente; fu ardentemente preso il giuramento di fedeltà da ogni ordine dello Stato, dai Senati dell'antica e della nuova Roma, dal Clero, dai Magistrati, da' Soldati e dal Popolo.

  • av Edward Gibbon
    399,-

    Se prendiamo a considerar seriamente la purità della Religione Cristiana, la santità de' suoi morali precetti, e l'innocente non meno che austera vita della maggior parte di quelli, che ne' primi tempi abbracciarono la fede dell'Evangelio, saremo naturalmente indotti a supporre, che anche dal Mondo infedele risguardata si fosse con la dovuta riverenza una dottrina così benefica; che le persone sapienti e culte, quantunque deridendo i miracoli, stimato avessero le virtù della nuova setta, e che i Magistrati avesser protetto, invece di perseguitare, un ordine di uomini, che prestava la più sommessa obbedienza alle leggi, sebbene sfuggisse le attive cure della guerra e del governo.

  • av Edward Gibbon
    345,-

    Costantinopoli e della Germania, ora risalendo all'epoca del regno d'Eraclio, mi trasferirò sulla frontiera orientale della monarchia greca. Mentre lo Stato s'impoveriva colla guerra di Persia, e straziata era la Chiesa dalla Setta di Nestorio e da quella dei Monofisiti, Maometto, colla spada in una mano e coll'Alcorano nell'altra, fondava il suo trono sulle ruine del Cristianesimo e di Roma. I talenti del Profeta arabo, i costumi del suo popolo e lo spirito della sua religione sono tra le cagioni che hanno operato il decadimento e l'ultimo crollo dell'impero d'Oriente; e la rivoluzione che ne seguì, e che si può noverare fra le più memorabili che impressero nelle varie nazioni de...

  • av Adriano Tilgher
    345,-

    La teoria delineata nelle pagine che seguono è il logico svolgimento della Teoria della critica d¿arte da me pubblicata fin dal 1913 nella rivista La Nuova Cultura (Roma, Bocca, n. 8) e ristampata nel volume Teoria del Pragmatismo trascendentale (Torino, Bocca, 1915, pp. 119-54). Ad essa io vado informando la mia opera di critico drammatico e, in genere, di critico letterario. Nella forma che essa ha ora assunto nella mia mente la esposi per la prima volta in tre articoli del Mondo di Roma (14, 17, 22 giugno 1922) in polemica con Lucio d¿Ambra, critico drammatico dell¿Epoca di Roma, fine, signorile, cavalleresco avversario, polemica che, provocata da una mia recensione a un dramma (I Pazzi) di Roberto Bracco.

  • av Francesco Guicciardini
    399,-

    Nel 1378 sendo gonfaloniere di giustizia Luigi di messer Piero Guicciardini successe la novità de' Ciompi, di che furno autori gli otto della guerra, e' quali per essere stati raffermati piú volte in magistrato, s'avevano recata adosso grande invidia e grande contradizione da' cittadini potenti, e per questo si erano rivolti a' favori della moltitudine; e però procurorono questo tumulto, non perché e' Ciompi avessino a essere signori della città ma acciò che col mezzo di quegli, sbattuti e' potenti ed inimici sua loro rimanessino padroni del governo. Il che fu per non riuscire perché e' Ciompi...

  • av Angelo Brofferio
    345,-

    Soltanto dieci anni sono, io sapevo appena cosa fosse lo spiritismo; lo compativo anch'io con sorriso indulgente, come fosse la grande superstizione del secolo XIX, una nevrosi epidemica ma passeggiera, prodotta da un lievito di antichi errori, che fermentava nell'ignoranza delle leggi scientifiche, nella paura di morire, e nella passione del maraviglioso, che toglie il senso comune, il così detto senso della realtà. Ma alcuni anni di studio della filosofia mi fecero prima perdere, non il buon senso, ma il senso comune, o meglio il concetto che si ha comunemente della realtà, e mi convinsero della verità dell'idealismo inglese e tedesco che non solo il sapore...

  • av Emilio Praga
    345,-

    Noi siamo figli dei padri ammalati; aquile al tempo di mutar le piume svolazziam muti, attoniti, affamati, sull'agonia di un nume. Nebbia remota è lo splendor dell'arca, e già all'idolo d'or torna l'umano, e dal vertice sacro il patriarca s'attende invano;

  • av Ferdinando Gregorovius
    345,-

    Roma, da dopo la rivoluzione del 1848, appare ancor più silenziosa che nel passato; tutta la vivacità del popolo è scomparsa e le classi agiate si tengono paurosamente nascoste, guardandosi bene di far parlare di sè; e le classi infime sono ancora più misere e più oppresse di prima. Le feste popolari sono scomparse, o quasi; il carnevale è in piena decadenza; e persino le feste di ottobre, un tempo sì allegre fuori delle porte, fra i bicchieri di vino dei Castelli e il saltarello, sono presso che dimenticate. Roma è oggi una grande rovina della civiltà: non vi si vedono che processioni di preti e di frati, non vi si sente che suono di campane o musica chiesastica, e tutta la vita sembra e...

  • av Gabriele D'Annunzio
    345,-

    Gelida sta la notte cristiana su le case degli uomini, ma pura. - O tu che ne la casa tua lontana fili con dita provvide la lana de la tua greggia, sin che l'olio dura ne la lucerna, e il ceppo a tratti splende,

  • av Giosue Carducci
    499,-

    Ah per te Orazio prèdica al vento! Del patrio carcere non sei contento, La chiave abomini grata a i pudichi, Agogni a l¿aere de¿ luoghi aprichi. E dove, o misero, dove n¿andrai. Dove un ricovero trovar potrai, O de¿ miei giovini lustri diletto, O mio carissimo tenue libretto?

  • av Giuseppe Giusti
    399,-

    Nella Scritta troviamo un nuovo episodio della vita dei nobili e degli usurai. Siamo ancora nel campo della Vestizione e del Ballo, e il Bianciardi aveva ragione di scrivere che il Giusti «non aveva un troppo ampio orizzonte intorno a sé». Le cause le abbiamo vedute nella biografia e sono l¿essere uscito troppo poco dalla Toscana e la noncuranza delle letterature straniere. Sono quindi persone di conoscenza le prime parti e le comparse; ma la satira acquista novità dalla forma drammatica e dalla varietà dei metri. Il nobile spiantato che vende sé, il titolo e le bestie avite dello stemma per una dote unita spesso a una brutta ragazza, talora avariata, appartiene alla società di tu...

  • av Ferdinando Gregorovius
    345,-

    Una volta alla settimana il piroscafo dello Stato toscano, il «Giglio», fa in estate il viaggio per l'Elba, per portare i dispacci del Governo ed i passeggieri. Da Livorno il viaggio dura circa cinque ore, poichè si tocca Piombino, dove il bastimento si ferma per un certo tempo. Sempre lungo la costa solitaria della Maremma, si è rallegrati dalla vista della verde pianura, che discende al mare, e che è limitata all'interno dai monti che circondano Volterra. Delle torri ai luoghi di approdo, alcuni piccoli porti, alcuni edifici per usi industriali e delle case coloniche sparse qua e là interrompono la striscia uniforme delle Maremme, che verdeggiano di boschetti di mirti, dove nel folto è...

  • av Giovanni Pascoli
    345,-

    Avrei voluto tenere esclusivamente per me questo inizio di lavoro, e seguitare da sola su esso il mio segreto pianto. Ma ci sono dei buoni amici che aspettano, e aspettano perchè avevano avuto qualche promessa. Ho risoluto perciò di pubblicare quello che c¿è, come è, con la coscienza di compiere un dovere, di pagare, direi quasi, un debito d¿onore contratto da Lui. Dopo aver molto cercato e studiato sui manoscritti non ho potuto mettere insieme se non questi pochi poemi, alcuni incompiuti e alcuni compiuti sì, ma non limati. Le carte sono piene di appunti e di orditure. Per Lui era questione di un pö di tempo, libero e tranquillo. Ma, quando sperava arrivato il momento, quella mano, pro...

  • av Giuseppe Martini
    345,-

    La partenza di Giovacchino e della consorte Carolina da Napoli lasciò il campo intieramente libero a coloro, i quali parteggiando alla scoperta pei Borboni, o maneggiandosi nascostamente per la ristaurazione loro, si studiavano di suscitare per ogni dove le antiche inclinazioni, e fece del tutto cessare il bellicoso umore dei muratiani. Nè è da dire, che ai partigiani dell'ultimo re mancasse l'uso delle cose militari, o la memoria d'illustri fatti, o l'animo bene apparecchiato a farli valere; ma li sconfortavano da una banda la condizione loro attuale di uomini vinti e la presenza nel regno dei Tedeschi vincitori;

  • av Niccolo Palmeri
    399,-

    Arrovellava intanto papa Bonifazio al vedere che tutti gli sforzi suoi erano stati fino allora inutili a vincere la longanimità de¿ Siciliani; però mosse contro la Sicilia un nuovo nemico. Era in Francia Carlo conte di Valois, fratello del re Filippo il Bello, il quale avea nome di gran guerriero. A costui si rivolse, mettendo avanti il solito zimbello di una spedizione per Terra Santa: e chiamatolo a se con tal pretesto, gli promise di dare a lui il governo di quella guerra e di farlo re dei Romani, dopo d¿aver deposto Alberto di Habsbourg: e per maggiormente indurlo gli fe¿ menare in moglie la stessa Catarina di Courtenay che avea proposto a re Federigo per uccellarlo, assicuran...

  • av Cesare Pascarella
    345,-

    Si me ce so' trovata, sor Ghetano? Quanno vennero giù, stavo lì sotto! Faceveno er trapeso americano; Quanno quello più basso e traccagnotto,

  • av Gherardo Nerucci
    499,-

    C¿era una volta un pover¿omo, che aveva tre figliole; e siccome tra di queste la più piccina era anco la più bella e garbata e di naturale dolce, così quell¿altre due sorelle l¿astiavano a morte, abbeneché il sü babbo, tutt¿all¿incontrario, gli volesse dimolto bene. ¿Gli accadde che in un paese vicino, per l¿appunto nel mese di gennaio, e¿ ci fussi una gran fiera, e quel pover¿omo bisognò che ci andasse per far le provviste necessarie al campamento della sü famiglia, e domandò, prima di mettersi in istrada, alle sü tre figliole, se loro bramassono qualche regaluccio, proporzionato, s¿intende, alle sü facoltà. La Rosina volse un vestito, la Marietta gli chiese uno scialle, ma la Zelin...

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