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Böcker i Classici della Letteratura Italiana-serien

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  • av Danta Alighieri
    515,-

    La Divina Commedia

  • av Roberto Bracco
    355,-

    La scena rappresenta il salotto del villino abitato della marchesa di Fontanarosa, in una campagna non frequentata da villeggianti. Nella sua grande eleganza, questo salotto ha qualche cosa di campestre e di capriccioso. Nessun divano, ma seggiole e poltrone di tutte le dimensioni. Sgabelletti civettuoli, quadri, statuine, mobili varii, tavolini con su ninnoli, fiori, giornali. La camera è di forma ottagonale, e però lo spettatore ne vede, naturalmente, cinque pareti. Una porta alla parete destra, una alla parete sinistra, una porta a due battenti alla parete centrale, in fondo, con tendine da potersi distendere su tutto il vano. La porta maggiore, che dà adito alla sala d'ingresso, si a...

  • av Giovanni Pinza
    355,-

    Gli usi funebri ed i costumi, che riguardano la conservazione di alcune parti del defunto, dipendono sempre dai concetti religiosi od animistici dei popoli che li praticano. Dovendo studiare le usanze relative alla conservazione delle teste umane, ci sembra quindi necessario esporre prima alcune considerazioni intorno ai rapporti che i vari popoli ritengono esistere dopo la morte, tra il cadavere e lo spirito che lo animò in vita. L'uomo primitivo, benchè incolto, quasi ovunque ammette che la vita sia dovuta ad un ente spirituale capace di allontanarsi dal corpo in cui risiede; spiega perciò la sospensione di alcune funzioni vitali durante il sonno...

  • av Alfredo Oriani
    355,-

    La contessa Ginevra volse la testa con un sorriso, tendendo al vecchio medico la bella mano bianca, sulla quale non brillava che il sottile anello matrimoniale. - Perchè così tardi stasera? - Esco ora dalla casa del marchese Roderigi: sta un po' meglio, il caso è nullameno disperato...

  • av Emilio Salgari
    355,-

    Il 17 marzo del 1775, gran parte della flotta inglese stazionante nelle acque di Boston veleggiava verso l'alto mare, portando con sé la guarnigione, composta di più di diecimila uomini, sfiniti dal lunghissimo assedio. La caduta della città capitale della provincia di Massachusetts aveva portato un colpo terribile alla potenza inglese, che fino allora aveva trattato gl'insorti americani come masse trascurabili, chiamandoli sprezzantemente, invece di soldati, provinciali. Prima di andarsene, da veri lanzi tedeschi, poiché più che metà della guarnigione era composta di mercenari assiani e d'uomini del Brunswick, avevano saccheggiati tutti i negozi dei Bostoniani, portando via quanto vi era...

  • av Emilio Salgari
    409,-

    Era la sera del 4 Settembre 1883. Il sole equatoriale, rosso rosso, scendeva rapidamente verso le aride e dirupate montagne di Mantara, illuminando vagamente le grandi foreste di palme e di tamarindi e le coniche capanne di Machmudiech, povero villaggio sudanese, situato sulla riva destra del maestoso Bahr-el-Abiad o Nilo Bianco, a meno di quaranta miglia a sud di Chartum. Da ogni parte dell'orizzonte accorrevano bande di superbe antilopi e di sciacalli che venivano a dissetarsi sulle poetiche sponde del fiume, e nell'aria svolazzavano arditamente schiere di fenicotteri dalle penne rosee e le estremità delle ali fiammeggianti, schiere di ibis sacre che calavan sulle foglie arrotondate e ...

  • av Francesco Moneti
    355,-

    Il sito, la città, costumi e vanti Dei Cortonesi, e un missionario eletto Che l¿Umbria tutta avea ridotta in pianti, A Cortona chiamato a questo effetto; Monaci, Religiosi, e Mendicanti, E Gesuiti per altrui diletto Con il lor operar, né più né meno, In questo Canto son descritti appieno. Canto le pompe, i fasti e l¿ambizione...

  • av Dante Aligheri
    515,-

    Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant' è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte. Io non so ben ridir com' i' v'intrai, tant' era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto, guardai in alto e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. Allor fu la paura un poco ...

  • av Paolo Valera
    409,-

    Sono giunto in Parigi in luglio in una mattinata tepida, con gli occhi gonfi della lettura notturna e con il cervello offuscato dal sangue dei delitti sui giornali sparsi per i tavolini del treno di lusso. L'impressione macabra è entrata con me nel fiacreautomobile che mi conduceva all'hôtel Continental, via Castiglione, 3. La stessa atmosfera della metropoli francese mi pareva quella di un immenso bagno penale. Io ero come in una capitale di delinquenti. I cittadini e le cittadine invece di darmi il godimento della loro eleganza, mi disseppellivano dal materiale dei ricordi i truci personaggi che hanno mandato il nome all'immortalità del museo criminale.

  • av Luigi Groto
    355,-

    Io, che per giacer nello stato, in cui sanza mai rileuarmene, mi gettarono da prima la natura, e la fortuna congiurare à miei danni; quella con lo spogliarmi della luce, e questa col priuarmi d'ogni ricchezza; non posso trouare, anzi non debbo ricercar moglie; e tuttauia portai sempre legato al cuore un desiderio grauissimo di ottener figliuoli, in cui par, che si rinoui la memoria dell'attempato Padre, e che egli ringiouenito uiua doppo la morte; mi sono andato con ogni studio ingegnando di scourire à me medesimo un'arte onde io potessi impetrarne sanza sposa, e sanza spesa il che mi è succeduto à punto à misura del mio desiderio, percioche io solo sanza donne (non perche elle non piacci...

  • av Giuseppe Regaldi
    355,-

    Anima bella, che dal buio uscita Della mortal vallea, drizzasti il volo Agli splendor della seconda vita; O Teresa gentil, vedovo e solo Quaggiù l'Eletto che ti fu consorte, Si lagna a te per insanabil duolo. Ed io compunto dell'acerba sorte, Fa cor, gli dissi, e contra i mille strali Della fortuna opponi anima forte.

  • av Gabriele D'Annunzio
    355,-

    Si vedrà una stanza di terreno in una casa rustica. La porta grande sarà aperta su l'aia assolata; e vi sarà tesa una banda di lana scarlatta per traverso, a impedimento del passo, e alla banda saranno poggiati un bidente e una conocchia; e presso un degli stipiti penderà una croce di cera, contro i malefizii. Un uscio chiuso, con l'architrave adornato di mortella, sarà nella parete a man dritta; e lungh'essa la parete saranno tre arche di legname. A manca, nella grossezza del muro, sarà un camino con la sua cappa molto prominente; e, poco più in là, un usciuolo; e, quivi presso, un telaio. E vi saranno nella stanza varii utensili e suppellettili, ai loro luoghi, come stipi, scancìe, tres...

  • av Antonio Caccianiga
    355,-

    Il capitano Bonifazio e il maestro Zecchini erano sempre insieme, ma non andavano mai d'accordo. Il primo era un uomo d'azione e non da ciarle; ligio alla disciplina militare si era abituato ad obbedire ciecamente; il secondo avvezzo alla cattedra voleva sempre ragionare a diritto o a torto, come faceva alla scuola. Egli la pretendeva a filosofo, e amava la discussione; l'altro si schermiva girando la posizione con tattica; come nelle evoluzioni militari.

  • av Paolo Valera
    355,-

    Giorgio rivide il Casone del Terraggio di Porta Magenta parecchi anni dopo che gli erano cresciuti i baffetti biondi. La facciata aveva pur sempre i solchi delle sassate dei monelli che avevano giocato con lui, e la lunga crepa perpendicolare, che pareva volesse dimezzarla, aveva conservato al centro la schiacciatura della martellata di Ernesto. Guardando, gli risorgevano gli anni in cui aveva sculacciato per il terriccio con la ragazzaglia del Casone. La penultima tegola del murello d'entrata era ancora senza la parte sporgente, sbattuta via dal suo bastone. Non c'era nulla di cambiato nell'edificio. Sole le persone avevano subito qualche trasformazione.

  • av Marco Praga
    355,-

    RAIMONDO offre il braccio a NICOLETTA, ed entrano nel salotto. NICOLETTA è una bella donna, giovane, elegante, vivace e assai distinta nei modi. RAIMONDO è un uomo di 45 anni, alto, dalle larghe spalle, dall'aspetto serio, marziale, ma distinto ed elegante, nè addimostra quel po' d'impaccio che sovente hanno i militari in borghese, e neppure appare il tipo convenzionale del soldato rude, intransigente, inflessibile. PIERO e il PUCCI seguono i due nel salotto. PIERO è sulla quarantina. Come suo fratello RAIMONDO, ha modi distinti, ma talvolta un poco incerti, come d'uomo debole e timido. Il PUCCI è un giovanotto trentenne, insignificante nella sua eleganza corretta ma un poco esagerata. Eg...

  • av Italo Svevo
    355,-

  • av Bertrando Spaventa
    355,-

    In un breve programma, pubblicato or fa pochi mesi, io ho dichiarato così la intenzione del presente lavoro: «La Prolusione tratta della Nazionalità nella filosofia. - Sono possibili, dopo il medio evo e ne' tempi moderni, tante filosofie nazionali, quanti sono i popoli civili di Europa? O invece quelle che si dicono filosofie nazionali non sono altro che momenti particolari dello sviluppo comune della filosofia moderna nelle diverse nazioni? Si può dire, p. e., che ci sia una filosofia italiana essenzialmente diversa da una filosofia francese, inglese, tedesca, come si dice che ci è stata una filosofia greca essenzialmente diversa da una filosofia indiana?

  • av Emilio Salgari
    355,-

    Mi avevano scritto: «Andiamo in campagna a fondare una colonia artistica». Potete immaginarvi se io mi ero affrettato a preparare le mie valigie! La campagna era stata sempre il mio sogno. Le mie occupazioni, disgraziatamente, mi avevano sempre impedito di realizzarlo, o meglio non avevo mai trovato i mezzi sufficienti per permettermi questo lusso. Avevo più volte provato a cercarmi un posticino sul margine di una graziosa collina, e dopo qualche giorno me n'ero tornato nella polverosa città.... per non morire di fame.

  • av Vittorio Bersezio
    385,-

    Siamo in una stanzaccia ampia, alta, nuda, illuminata da un lucernario di vetro a mezzo il soffitto, colle pareti grigiastre tappezzate di quadri abbozzati, di braccia e di gambe di gesso, di pipe e di ragnateli: in una parola, lo studio e l'abitazione di un pittore. Non occorre dire che ci troviamo sotto le tegole del tetto, al di sopra di quattro piani d'una gran casona, alveare umano che alberga una quantità di famiglie. Questo studio è anche la dimora del pittore¿che sto per presentarvi¿e della sua famiglia; poichè il nostro eroe, per dirvela ad un tratto, possiede un gran buon cuore, buon umore da venderne, poco coraggio, non troppo ingegno, povere fortune, una moglie borbottona e q...

  • av Anonimo
    355,-

    Re Carlo, il nostro magno imperadore, stette per sette interi anni in Ispagna. Fino al mar conquistò la terra alpestra, e a lui d¿innanzi caddero castella, né un borgo, e non un muro, ancorché saldo, rimase contr¿a lui nè città, tranne Saragozza che sta su la montagna. Re Marsilio la tien, che come a Dio a Macometto serve e Apollo chiama: ma sì non potrà far che mal nol prenda.

  • av Gabriele D'Annunzio
    355,-

    Una stanza vasta e luminosa, aperta sur una loggia balaustrata che si protende verso l'antica città dei Pelopidi. Il piano della loggia si eleva sul pavimento della stanza per cinque gradini di pietra disposti in forma di piramide tronca, come dinnanzi al pronao d'un tempio. Due colonne doriche sorreggono l'architrave. S'intravede pel vano l'acropoli con le sue venerande mura ciclopiche interrotte dalla Porta dei Leoni. In ciascuna parete laterale della stanza sono due usci che conducono agli appartamenti interni e alla scalinata. Una grande tavola è ingombra di carte, di libri, di statuette, di vasi. Ovunque, lungo le pareti, negli spazii liberi sono adunati calchi di statue, di bassi ri...

  • av Emilio Salgari
    355,-

    Anche l'Assam, come tante altre parti dell'India, è ricchissimo di pagode, abbandonate da secoli e secoli in mezzo alle foreste dai loro sacerdoti, per cause sconosciute. Ne possiede poi specialmente una, ormai stretta da tutte le parti dagli alberi, che ben poco doveva aver da invidiare alla grande sciultre di Maduré, una delle più magnifiche che si trovino nell'India, e che si dice avesse costato ventidue anni di lavoro. Era appunto quella di Kalikò, che avrebbe potuto, per le sue dimensioni enormi, per la magnificenza delle sue sculture, per l'altezza dei suoi tetti, far impallidire anche quelle famose di Benares. Un tempo doveva aver servito a numerosi pellegrinaggi, poi forse la g...

  • av Emilio Salgari
    355,-

    Un rombo metallico, che si ripercosse lungamente, con una vibrazione argentina, nell'ampia sala sorretta da venti colonne di legno dipinte a vivaci colori e cogli zoccoli coperti da lamine d'oro, fece bruscamente sussultare Lakon-tay. L'invidiato ministro, preposto alla sorveglianza dei S'hen-mheng, i sacri elefanti bianchi del re, dinanzi a cui piccoli e grandi s'inchinavano, udendo quel colpo di gong sentì un fremito corrergli per tutto il corpo, mentre la sua fronte leggermente abbronzata si imperlava di grosse stille di sudore. Con una mossa lenta, si alzò dal largo cuscino di seta azzurra a frange e ricami d'oro che gli serviva da sedile, mormorando con voce semispenta: «M'annunce...

  • av Luciano Zuccoli
    355,-

    Gigi Cavalieri, detto Pivione, uscì da Porta Romana e sotto la pioggia dirotta, senza ombrello, con le scarpe scalcagnate, s'inoltrò nella campagna deserta. Egli sentiva i piedi guazzar nell'acqua e la pioggia grondargli per le tese del cappello scolorito fin dentro il collo; la giacca inzuppata esalava un odor d'umido; i calzoni erano inzaccherati di fango fin quasi al ginocchio. Ma l'uomo non aveva pensiero per un inconveniente che gli era capitato spesso nella sua laboriosa esistenza; egli procedeva svelto e cauto a un tempo, guardandosi intorno, spingendo l'occhio sicuro di là dai filari di pioppi, che l'acqua e la nebbia velavano leggermente.

  • av Grazia Deledda
    355,-

    Avevamo cambiato di casa, - racconta la mia amica, - e si lavorava per mettere gli oggetti a posto. Nel salotto da pranzo, al piano di sopra, la serva, in mezzo a ondate di paglia e di pezzi di carta, tira fuori dalle ceste le scodelle e i piatti immersi nella segatura: pare una chioccia che dia vita ai suoi pulcini, e della chioccia ha pure il selvaggio senso di difesa quando Fausto e Billa, i miei fratellini, accennano a volerla aiutare. - Alla larga, alla larga - grida, agitando in cerchio la scopa. Ma si solleva, e dimentica anche le tazze più fini quando vede arrivare il mio fidanzato; i suoi occhi ridiventano giovani e belli, e pare che la fidanzata sia lei. Io però non sono gelo...

  • av Carlo Tenca
    355,-

    Un mattino del novembre dell'anno 1374, la città di Milano erasi levata quasi a rumore, e gli abitanti accorrevano a torme di tre, quattro, fuori delle case accalcandosi per le contrade che mettono alla piazza della Vetra. Dappertutto era un correre, un affannarsi, un domandare, un parlar sommesso che dava indizio di qualche grave avvenimento. Chi avesse osservato da vicino siffatto trambusto non avrebbe detto certamente esser quello un giorno di festa o di pubblica allegrezza; anzi avrebbe cavato cattivo augurio dall'aspetto umile e rassegnato de' cittadini e meglio ancora dai loro visi pallidi e sparuti.

  • av Stendhal
    529,-

    Questo racconto fu scritto nell'inverno del 1830, in luogo distante da Parigi trecento leghe. Molti anni prima, quando i nostri eserciti scorrazzavan l'Europa, il caso mi pose in mano un biglietto d'alloggio per la casa d'un canonico: s'era a Padova, fortunata città in cui, come a Venezia, godersi la vita è la prima e maggior occupazione e non lascia tempo a sdegnarsi di vicinanze fastidiose. Il mio soggiorno si prolungò e il canonico ed io diventammo buoni amici. Verso la fine del 1830, ripassando per Padova, corsi alla casa del buon canonico: era morto, e lo sapevo; ma desideravo rivedere il salotto dove avevo passato tante gradevoli serate, cosí spesso rimpiante. Vi trovai un suo nipo...

  • av Alberto Mario
    355,-

    Fra i grati ricordi del contatto personale col liberatore delle Due Sicilie, veruno mi si affaccia così vivido alla memoria, come le mattutine passeggiate a cavallo nelle vicinanze di Palermo sino alla battaglia di Milazzo...

  • av Petr Alekseevic Kropotkin
    355,-

    L'umanità ha assai progredito da quelle remote età in cui l'uomo, tagliando nella selce rozzi strumenti, viveva degl'incerti prodotti della caccia e non lasciava in eredità a' suoi figliuoli che un ricovero sotto le roccie e dei poveri utensili di pietra, nonchè la Natura immensa, incompresa, terribile, colla quale essi dovevano entrare in lotta per mantenere la loro meschina esistenza. In questo lungo periodo di agitazione, che ha durato per migliaia e migliaia d'anni, il genere umano ha nondimeno accumulato inauditi tesori.

  • av Grazia Deledda
    355,-

    Maria Concezione uscì dal piccolo ospedale del suo paese il sette dicembre, vigilia del suo onomastico. Aveva subìta una grave operazione: le era stata asportata completamente la mammella sinistra, e, nel congedarla, il primario le aveva detto con olimpica e cristallina crudeltà: ¿Lei ha la fortuna di non essere più giovanissima: ha vent'otto anni mi pare: quindi il male tarderà a riprodursi: dieci, anche dodici anni. Ad ogni modo si abbia molto riguardo: non si strapazzi, non cerchi emozioni. Tranquillità, eh? E si lasci vedere, qualche volta.¿ Ella lo guardò, coi grandi occhi neri nel viso scarno e verdastro d'angelo decaduto: avrebbe voluto fargli le corna o qualche altro segno di sc...

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